EPIFANIA DEL SIGNORE - Mt 2, 1-12


 

Credo che quella di oggi possa essere non solo la festa dei cristiani, cattolici e ortodossi, ma anche la festa dell’umanità, la festa della fraternità umana.

Dico questo per diversi motivi. Anzitutto per la misteriosa figura di questi Magi che appaiono solo qui nei vangeli e dei quali poi non si parla più: sappiamo che vengono da oriente. L’iconografia li ha ridotti a tre sulla base dei doni che portano, anche se dobbiamo pensare più a una carovana ben organizzata. In alcune raffigurazioni sono state attribuite loro tre età diverse della vita: un giovane, un adulto e un anziano. E poi c’è chi li ha dipinti col diverso colore della pelle: uno giallo, un nero e uno bianco…

Già questi particolari suggeriscono che il futuro di questo bambino debba varcare i confini e attraversare i tempi per diventare il fratello universale.

Matteo ricorre alle parole di Isaia, il quale nella sua profezia vedeva il lungo cammino dell’umanità, come tante carovane che da direzioni diverse convergono verso Gerusalemme, dove la gloria del Signore avrebbe inondato la città.

La gloria di Dio, precisa Isaia, consiste nel convergere di tutte le genti e di tutti i re e governi, figlie e figli che vengono da lontano, verso Gerusalemme. Non può esserci gloria più grande per lui di quella di vedere i suoi figli andare d’accordo, essere uniti, volersi bene.

È una profezia difficile da realizzarsi, lo sappiamo bene. Scrive Isaia: Uno stuolo di cammelli ti invaderà (Gerusalemme), dromedari di Madian e di Efa, da Saba… nomi che non ci dicono nulla, ma se li rivisitiamo nella geografia attuale corrispondono a un’area che va dall’Arabia fino all’attuale Yemen (Saba), allora nemici storici di Israele, ma ancora oggi luoghi di drammatica attualità. Ancora oggi guerra e fame distruggono quelle popolazioni.

È una profezia o un’illusione? Al sogno del profeta fa eco il vangelo che vede concretizzarsi questa processione di popoli nella visita a Betlemme, un piccolo sobborgo di Gerusalemme, in questa carovana dei Magi che vengono appunto da quei paesi ostili, orientati e guidati da una luce di speranza.

Dove si rende possibile la fraternità umana? A Gerusalemme sì, non intorno alle pietre, alle mura, ma intorno a un Dio bambino di nome Gesù.

Come hanno fatto ad arrivare fino a Gesù? Facendo quello che sapevano fare, ovvero scrutare i sentieri del cielo, il movimento delle stelle, e la cosa sorprendente è la grandissima gioia che hanno provato quando la stella si è fermata sopra il luogo dove stava il bambino.

È la stella del Vangelo che impariamo a vedere nelle nostre faccende di ogni giorno e nella notte del tempo, d’altronde le stelle si vedono di notte, ma occorre che diventi anche il punto di riferimento, il criterio che orienta le nostre scelte, i nostri passi.

Questa stella che è appunto il Cristo, è il Vangelo, ci guida verso una sapienza nuova, quella sapienza nella quale il nemico, l’altro, l’avversario, da ostile viene riconosciuto come portatore di doni. Questo non perché dobbiamo essere buoni, ma perché l’altro è un dono di Dio: i cuori di ciascuno di noi sono fatti per lui. Sono stati creati per camminare verso la capacità di amare sempre di più. Siamo fatti per questo.

Poi però siamo stati anche feriti e resi più fragili da fattori di ogni tipo: gli altri non si sono fidati di noi e noi abbiamo perso fiducia in noi stessi; la delusione e il conflitto ci hanno amareggiato… E allora cosa facciamo? Facciamo come Erode? Ricorriamo alla falsità, all’inganno, alla violenza? Ci chiudiamo in noi stessi? È questa l’epifania di umanità di cui ci nutriamo? Conosciamo bene i doni che porta questa epifania: indifferenza, egoismo e poi odio, violenza, morte.

I Magi scoprono che il Vangelo di Gesù è prezioso come e più dell’oro, del nostro denaro e delle nostre cupidigie, delle cose… sono le relazioni il nostro tesoro, il nostro oro, le relazioni!

Riconoscono che Gesù e il suo Vangelo sono balsamo e unguento come mirra per le ferite della vita. Come ha fatto il samaritano con il poveretto picchiato e derubato, così il Signore ci insegna la cura, la carezza, la tenerezza per chi è ferito.

Il vangelo di Gesù è profumo d’incenso: la preghiera è come profumo che rende l’aria più respirabile. È stato proprio per l’aria fetida che ammorbava le strade per i cavalli, i cammelli, le greggi e che entrava anche nei palazzi, che si introdusse l’incenso per renderla più respirabile e gradevole. Così oggi Gesù è il profumo per l’aria asfittica del nostro mondo, della nostra terra.

Oggi c’è bisogno di questa epifania di Vangelo, di fraternità umana. Scrive papa Francesco nella enciclica Fratelli tutti: Se la musica del Vangelo smette di suonare nelle nostre case, nelle nostre piazze, nei luoghi di lavoro, nella politica e nell’economia, avremo spento la melodia che ci provocava a lottare per la dignità di ogni uomo e donna. Altri bevono ad altre fonti. Per noi, questa sorgente di dignità umana e di fraternità sta nel Vangelo di Gesù Cristo (n.277).

Noi che attingiamo come i Magi a questa sorgente di fraternità umana, di che cosa siamo epifania? Le nostre case sono epifania di relazioni vere e importanti, di cura delle ferite della vita, di preghiera?

Oppure anche noi diamo spazio nelle nostre case all’Erode di turno, che è l’indifferente, il superficiale, l’impostore, l’opportunista, l’ipocrita? Non è un caso che nel presepe non ci sia la statua di Erode, perché abbiamo bisogno di altro.

Quella della violenza e dell’odio, del menefreghismo e dell’indifferenza è una musica ormai troppo nota e scontata: la nostra umanità se vuole vivere, ha bisogno di altra musica.

Quando Matteo scrive il suo vangelo aveva davanti una comunità di discepoli impauriti e confusi che mentre si aspettavano i frutti della loro fede, dovettero fare i conti con persecuzioni, abbandoni e sfiducia. Una comunità immersa, per dirla con Isaia, in una nebbia che impediva di vedere un futuro, dove sembrava ancora una volta che la violenza l’avesse vinta.

Matteo risponde rileggendo la nascita di Gesù alla luce dell’Esodo e della sua pasqua. L’opposizione tra Erode e Gesù è analoga all’opposizione Egitto e Israele, tra Mosè e il faraone.

Il Signore non chiese a Mosè di rovesciare il faraone e di prendere il potere in Egitto per liberare Israele dalla schiavitù. Il Signore dice: fidati di me! Esci e vai verso la terra che io ti darò. Tu cammina e fidati.

Gesù non ha preteso il trono di Erode per prenderne il posto e cambiare l’ordine delle cose. Ha aperto un’altra strada, un’altra possibilità di vita.

Come i magi, dice il Vangelo, che per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. C’è un’altra strada possibile, c’è un’altra musica che si può suonare, alternativa alla violenza, all’odio per un mondo più ricco di umanità, vale a dire dare spazio alle relazioni, alla cura, alla preghiera. Ma anche alla cultura, all’arte, alla musica, alla bellezza, alla ricerca e, come scrive papa Francesco nell’enciclica, sarebbe una decisione coraggiosa se con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un “Fondo mondiale” per eliminare definitivamente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri, così che  i loro abitanti non ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non siano costretti ad abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa[1].

L’epifania di Gesù diventa sempre anche l’epifania della fraternità umana se, pur camminando come nella notte, ci lasciamo guidare dalla stella del Vangelo.

(Is 60,1-6; Mt 2,1-12)

[1] Fratelli tutti, n.262