I DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE - Mt 4, 12-17
Sarebbe perlomeno curioso conoscere cosa risuona in noi quando ascoltiamo le parole del Vangelo: Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino! Lasciamo per un momento l’appello alla conversione che ci suona più famigliare, ma siamo sicuri di avere noi tutti una stessa idea quando si parla di regno di Dio?
Che cos’è il regno di Dio? Ogni volta che diciamo il Padre nostro, preghiamo: Padre nostro, venga il tuo Regno! E prima della comunione proclamiamo: “Tuo è il Regno, tua la potenza e la gloria nei secoli!”. Gesù parla molto spesso del Regno di Dio, soprattutto nei sinottici; mentre l’espressione non ricorre quasi mai in Giovanni.
Credo che sia importante per ciascuno di noi esplicitare a noi stessi cosa intendiamo per regno di Dio, perché solo così possiamo intendere anche l’invito precedente: convertitevi! Infatti il motivo della conversione necessaria Gesù affonda non tanto nella nostra condizione di peccato, nel senso che noi dobbiamo cambiare vita perché siamo cattivi, egoisti… ma questo si sa.
Nelle parole di Gesù la necessità della conversione è strettamente legata alla prossimità del regno di Dio. A maggior ragione dunque abbiamo bisogno di comprendere cosa intenda Gesù facendo cenno a questo misterioso regno di Dio. In realtà già il Battista predicava nel deserto di Giuda (Mt 3,2) dicendo questo, quindi non è nemmeno una novità del Cristo, anzi lui si sente in dovere di continuare questa predicazione dopo che Giovanni fu arrestato e decidendo di trasferirsi da Nazareth a Cafarnao.
Assistiamo a un passaggio di testimone tra i due, tra il Battista e Gesù: Gesù riprende la predicazione al punto in cui l’ha interrotta Giovanni, e la riprende cambiando casa, lascia Nazareth e abita a Cafarnao. Che è un passaggio simbolico importante: dal villaggio natio, luogo degli affetti e della gente con cui era cresciuto, si sposta in quella che il profeta Isaia chiama Galil ha goyim «il distretto delle genti», luogo di transito sulla via del mare, via che dall’Egitto conduce in Mesopotamia, e quindi incrocio di culture, passaggio di commerci, affollamento di lingue e di gente dalle più svariate provenienze.
Che cosa potevano intendere i primi uditori di Galilea, quando sentivano Gesù parlare del Regno di Dio? Una tale espressione era ben nota ai lettori della Bibbia ebraica. Essi sapevano perfettamente che Dio è Re come dicono ripetutamente i Salmi, ad es. il salmo 97: Il Signore regna; esulti la terra!…
Però i lettori della Bibbia ebraica sapevano pure che il peccato oppone resistenza al Regno, sia il peccato individuale, sia il peccato sociale; per cui Dio regna di diritto, ma di fatto si ha spesso l’impressione che a condurre il gioco siano i malvagi, quelli che non si sottomettono a Dio. La Bibbia è piena di tali amare constatazioni e in particolare la disobbedienza a Dio che pure è re eterno sfocia in particolare nell’oppressione del popolo e, ad un certo punto, nella dipendenza del popolo dallo straniero, adoratore degli idoli e nemico del Dio di Israele. In tale contesto, dunque, il Regno c’è, ma non si vede.
E allora invocare la venuta del Regno significava chiedere a Dio di venire a mettere le cose a posto, a mettere ordine, a sconfiggere i nemici, a punire i peccatori, a instaurare di fatto quel potere sulla storia che era da sempre suo di diritto. Ed era questa anche l’attesa degli ebrei devoti, che credevano e speravano in Dio. Si attendeva, perciò, che Dio regnasse, condannando tutti i nemici, distruggendo tutti i peccatori, eliminando tutti i malvagi, così che il popolo potesse vivere tranquillo nella sua casa, nella sua terra, nella sua città di Gerusalemme.
Ma Gesù cosa dice di nuovo? Gesù non rinchiude mai in una definizione teorica che cosa è il Regno. Si contenta di alludervi con paragoni e con parabole. Il Regno è come un seme, è simile ad una rete, è simile ad una perla preziosa, è simile a un tesoro nascosto in un campo… Sono paragoni che descrivono alcuni aspetti del Regno, senza che mai se ne dia una definizione precisa e completa.
E qui c’è qualcosa di misterioso, tanto è vero che lo stesso Gesù non dice ai discepoli: “A voi è stato dato il Regno!”, ma “A voi è stato dato il mistero del Regno!” (Mc 4,11). C’è quindi un mistero in questa parola “regno”, almeno come è pronunciata agli inizi del ministero di Gesù, che lo rende necessariamente, da una parte affascinante e dall’altra un po’ enigmatico.
Gesù nella sua rivelazione progressiva del Regno, non rivela come un semplice giudizio di condanna e di distruzione dei malvagi; anzi, a poco a poco, fa capire, in maniera anche un po’ enigmatica, che il regnare di Dio non significa che Dio voglia schiacciare i peccatori, ma che Dio intende piuttosto perdonarli e salvarli. Questo è certamente un fatto nuovo e perciò Gesù comincia con il prendere su di sé il male del mondo: «Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando la buona novella del Regno e curando ogni sorta di malattia e di infermità nel popolo» (Mt 4,23).
Gesù fa capire che questo – il suo prendere su di sé il male del mondo – è il disegno nel quale si rivela la regalità di Dio. Gesù attua dunque il Regno, anzitutto nella prima parte della sua vita, sconfiggendo le malattie, le infermità, ma facendo intuire misteriosamente che egli vuole a un certo punto assumersele.
Gesù perdona i peccati, ma soprattutto offre in debolezza, in povertà, in infermità la sua vita per noi, nella morte in croce e risorge per darci la certezza del perdono di Dio. Ecco dunque come il Regno si svela a poco a poco. Per cui il Regno non è come una macchina già fatta che viene dall’alto e si instaura sulla terra; il Regno è qualcosa che si manifesta progressivamente nella vita di Gesù. Possiamo dire: è Gesù il Regno che viene, è lui!
Dunque, il Regno lo incontriamo anzitutto in Gesù che è il Regno per eccellenza. Il regno si attua nella sua vita, e poi in definitiva nella sua morte e risurrezione. Il Regno si attua in tutta la sua vita, dall’annunciazione all’ascensione, ma diventa ancor più comprensibile per noi nella sua morte e nella sua risurrezione.
E poi il Regno si attua gradualmente in tutti noi, in tutti coloro che entrano negli atteggiamenti e nelle relazioni di Gesù, vivendo come lui ha vissuto, offrendo la propria vita come lui l’ha offerta.
Perciò il Regno viene, non in astratto, ma nella misura in cui ciascuno di noi entra nel progetto di Gesù e si fa in qualche modo uno con Gesù e instaura nella sua vita le relazioni con i fratelli e le cose del mondo, secondo il mandato e l’esempio di Gesù. Dio ci è vicino camminando e curando (terapeuo) ogni malattia e ogni ferita del popolo!
Se Dio si fa vicino nel modo in cui lo ha rivelato Gesù, perché allora noi costruiamo distanze, erigiamo barriere, inventiamo criteri di accesso all’amore di Dio?
E noi sappiamo cosa significhi farsi vicino a qualcuno, vuol dire che mi interessa, mi sta a cuore, che non mi è indifferente e quindi non ti passo vicino distratto e tantomeno ti giudico non all’altezza. Se Dio si fa basso, che più in basso di così si muore… anzi muore proprio! Allora chi sono io, chi siamo noi per dire che Dio ce lo meritiamo, che la comunione è un premio per i migliori, che facciamo tutte queste classifiche?!
Anzi, il nostro atteggiamento come Chiesa, come discepoli non dovrebbe mai essere quello di frapporre ostacoli, di creare condizioni di accesso all’amore di Dio, quanto invece quello di trovare il modo perché tutti si rendano conto che Lui è vicino. Non importa se io lo sento o no vicino, l’annuncio di Gesù è perentorio: Dio è vicino.
Non dovrebbe esser questo lo sforzo della Chiesa? Cosa dicono le infinite pastorali, i piani e i programmi che non spostano di una virgola il corso delle cose? Non dovrebbero avere la capacità di inventare forme nuove e adatte al nostro tempo per dire con la vita, con le scelte che Dio è vicino?
Il mistero del regno di Dio ci sovrasta: è più grande delle nostre strutture, delle nostre organizzazioni, ed è un mistero anche perché Dio si fa talmente piccolo da mettersi nelle nostre mani per poter raggiungere l’umanità, tutta l’umanità.
Siamo stati per secoli preoccupati di spiegare che Dio esiste su nel cielo, di trovare le strade che portano a lui e forse ci siamo dimenticati di ascoltare Gesù che dice: guarda che Dio è qui, è vicino a te, in qualsiasi condizione tu viva. Ti è vicino nella tenerezza, nella cura, nell’attenzione a quello che stai vivendo, perché ti ama davvero chi ti obbliga a diventare il meglio di ciò che puoi diventare.
Allora con un Dio così, con un Dio che Gesù ci annuncia vicino non possiamo che crescere in umanità, come scriveva Maria Zambrano: «Si nasce una prima volta, in parte, e tutta la vita è la gioia e la fatica di nascere del tutto». Anche noi che vogliamo ogni giorno, ogni settimana nascere del tutto, sappiamo che questa fatica è possibile perché Dio è vicino.
(Mt 4, 12-17)