VII DI PASQUA o Domenica dopo l’Ascensione - Lc 24, 13-35
Li vedo quei due camminare come si cammina quando si torna dall’obitorio o dal cimitero: occhi bassi e parole spezzate che escono a fatica per esorcizzare la paura della morte.
Ognuno con i suoi pensieri a seguire i circuiti mentali che si aggrovigliano con le vibrazioni che salgono dalla pancia. Sentimenti e risentimenti, emozioni, trambusto… la logica non riesce a incatenare un pensiero in sequenze prevedibili.
Passi che scendono, perché da Gerusalemme si scende sempre, dal calvario non si può che scivolare giù. Dal dolore vieni via in fretta.
Del gruppo non c’è più nessuno. Sono rimasti loro due, Cleopa e a me piace pensare che l’altro discepolo sia proprio sua moglie Maria[1], colei che stava sotto la croce, come traduce la Bibbia di Gerusalemme.
Alla fine ciò che conta è la famiglia, si dicono. Ognuno per la sua. Ognuno sulle sue. Tanto era grande l’altro ieri la speranza, quanto è grande oggi la delusione. È proprio vero che le persone di cui ci si può fidare sono sempre poche.
Ecco la conclusione: è tutto inutile. Questo mondo non lo cambi. Chi ha il potere se ne serve per sé e per i propri balilla. Pilato, Erode, Caifa e la propaganda hanno battuto i pugni sul tavolo. E lo hanno schiacciato. Una volta per tutte. Questa è la realtà. Il resto una speranza delusa.
Probabilmente da soli avrebbero fatto quelle due ore di strada massacrandosi il cuore. Seppellendo la speranza. A macerarsi sul potevamo fare, potevamo dire… l’importante ora ed è l’unica cosa necessaria è dare le spalle alla croce: è incomprensibile.
Al km.2 si affianca uno che sembra sbarcato dalla luna… non sembra sapere nulla di nulla, eppure parla, parla quasi per due ore… ma quando si cammina non è meglio stare zitti?
Il suo parlare interpreta la vita e la morte. Gesù riprendendo il filo del discorso pare dire che la morte non sia un ostacolo: è un passaggio obbligato, niente più. Dipende per cosa sei disposto a vivere? Siamo noi a voler dare un senso alla morte, ma la morte non ha senso.
Se rileggi la storia, non hai bisogno di voltare le spalle alla croce. Certo non la vai a cercare, ma almeno vivi per qualcosa per cui vale la pena vivere e morire. Questo dice di aver fatto lui: “Ho vissuto e amato, ho creduto in quello che dicevo e ne ho pagato il prezzo, altissimo, ma va bene. Davanti a Dio non è morire, è vivere per sempre”.
Sentir parole così scalda il cuore, apre orizzonti inediti di vita, di futuro. La storia di mille e più pagine va incontro a lui: è quella la direzione. Anche se non sempre sai dove ti sta portando.
E i due, dopo aver camminato insieme per due ore, si chiedono: “Cosa facciamo lo lasciamo andare? Vieni e mangia un boccone con noi, se ti accontenti di quello che c’è in casa, un pezzo di pane e un bicchiere di vino ci sono sempre”.
Ma non è lui l’ospite? Anziché prendere, dona.
Come spezza il pane lui, non lo sa fare nessuno. Lo fa da una vita. Il pane non lo taglia col coltello: a quello ci pensiamo noi. Di violenza ce ne intendiamo, siamo ad un livello scientifico inaudito.
Con le mani ‘spezza’ il pane, a noi si aprono gli occhi e il cuore si arroventa.
Saremmo rimasti volentieri a casa, chiusi dentro il nostro villaggio e invece… la sua partenza ha avuto l’effetto di una molla: abbiamo chiuso casa e siamo ripartiti subito per Gerusalemme. La stanchezza non si sentiva, il cuore leggero e il fiato gonfio di vita e di gioia ci ha fatto letteralmente volare.
Ha ragione lui, di Gesù si vive, vale la pena andare avanti, la croce è un passaggio stretto, necessario, ma è pur sempre un passaggio.
Se talvolta immagini che anche la tua Emmaus possa essere una direzione di ripiego, una via di fuga… sappi due cose: non c’è tristezza che resista al Cristo e allora parla con lui, dai parola al dolore, alla delusione, alla disperazione: non scappare dalla croce. Non rinchiuderti in casa. Cammina e ascolta.
E poi proprio quando avverti il bisogno di ricevere… dona, spezza il pane, condividi. Crea occasioni di comunione col poco che hai, con quello che sei. Che nessuno venga via da te più povero di quando ti ha incontrato.
Discepoli così sono da trovare e forse devono ancora venire.
(Lc 24, 13-35)
[1] Gv 19, 25: Stavano presso la croce di Gesù, sua madre, la sorella di sua madre, Maria (BJ: moglie) di Cleopa e Maria di Magdala