I DOMENICA DOPO PENTECOSTE - Solennità della Santissima Trinità - Gv 15, 24-27
Care amiche, cari amici veniamo da una settimana nella quale non credo che molti di noi abbiano avuto modo di pensare alla Trinità. D’altronde anche nella Scrittura non è un problema l’esistenza di Dio, non ascoltiamo mai la domanda: Esiste Dio? Piuttosto la domanda è se esista o non esista l’uomo, cioè se sia ancora degno di essere chiamato essere umano la creatura che porta questo nome creata a immagine di Dio.
È l’immagine di Dio quella che permette che ci siano quasi tre morti al giorno sul luogo di lavoro, che non possiamo semplicemente derubricare come incidenti. Ci sono responsabilità precise in merito al rispetto della sicurezza e delle norme, sacrificate in nome di chissà quali interessi.
Ci siamo commossi quando abbiamo visto i corpi dei bambini abbandonati per giorni sulle spiagge della Libia. Ma quei bambini non sono morti per una disgrazia, sono stati fatti morire… per questo la domanda punge dentro le fibre del cuore e diventa dolore acuto: dov’è l’uomo?
Non porta l’immagine di Dio anche il giovane Musa ghanese di 23 anni che dopo essere stato pestato a Ventimiglia da tre giovani italiani, si è tolto la vita per evitare di tornare dall’inferno da dove era scappato?
Devo infine confessarvi che dopo la sciagura della funivia del Mottarone, mentre leggevo i titoli dei quotidiani che recitavano quasi tutti pressappoco così: “Hanno tolto i freni per soldi”, “Una strage per 140 mila euro” … ho provato un senso di nausea tremendo: ma verso quale degrado umano dobbiamo ancora scivolare prima che diventi un irreversibile processo disumanizzante?
Si dice che in questi casi si è messo il profitto davanti a tutto, ma è vero in parte, perché “dietro ogni norma, dietro ogni tecnica, c’è un uomo che compie scelte in base al suo libero arbitrio. E noi dipendiamo da quello, dalla sua scala di valori, dal rispetto per gli altri che lo anima, dal suo senso del dovere” (Marco Politi, Il Corriere).
Comprendiamo allora che questo progressivo degrado dell’umano si è reso possibile e si rende tutt’oggi possibile, perché abbiamo un grave problema di formazione delle coscienze, di etica e di morale, di educazione alla vita, alla libertà, al saper scegliere tra il bene e il male.
Indignatevi, scriveva in un famoso pamphlet (2010) Stéphane Hessel, diplomatico francese, ex partigiano, novantatreenne combattivo che auspicava una vera e propria insurrezione pacifica contro i mass media, che ai nostri giovani come unico orizzonte propongono il consumismo di massa, il disprezzo dei più deboli e della cultura, l’amnesia generalizzata e la competizione a oltranza di tutti contro tutti (p.30).
Oggi non basta nemmeno più indignarci, ci siamo resi conto di quanto non sia sufficiente quella reazione di pancia che passa velocemente da un fatto a un altro e poi a un altro ancora… mentre ci si lascia andare a giudizi tanto perentori quanto superficiali, senza che le parole producano un benché minimo cambiamento.
Anche perché tutto quello che non funziona è sempre in capo agli altri. Oggi più che mai ognuno crede di costruire la sua propria identità contro gli altri, e non più insieme agli altri. Stiamo diventando un insieme di individui-individualisti che si combattono rabbiosamente per affermare la propria identità contro il prossimo, senza mediazione politica, sociale, ideale.
Ed è tutto sommato facile perché questo atteggiamento e modo di porsi non implica assunzione di responsabilità. Di fatto questo è un potente motore di conservazione: a forza di lamentarci che le cose non vanno, si finisce per lasciare intatto lo stato delle cose. Atteggiamento profondamente reazionario.
Non basta indignarci, non serve lamentarci e rimpiangere il passato perché non producono alcun cambiamento, anzi ci incistano nella situazione. Se la questione è educativa, se il problema è la formazione delle coscienze, cosa possiamo fare?
È qui che ci viene in aiuto il mistero che celebriamo oggi e che viene condensato nella professione di fede che faremo tra poco, quando diremo Credo in Dio, credo in Gesù Cristo, Credo nello Spirito santo… Normalmente sia il Credo apostolico sia il Credo niceno conoscono lo schema che parte dal Padre, scende al Figlio e poi allo Spirito Santo.
A ben pensare sarebbe più comprensibile cominciare dal Figlio, perché è vero che il Padre manda il Figlio, ma è il Figlio che ci rivela il volto del Padre. È Gesù la porta d’accesso al mistero della Trinità. È a partire da lui che la concezione tradizionale di Dio è stata letteralmente rivoluzionata: si trattava infatti di combinare il monoteismo ebraico, irrinunciabile, con la fede nell’uomo Gesù riconosciuto come Dio.
Per questo guardando Gesù chiedo a ciascuno di voi: mostrami che considerazione hai dell’essere umano e ti potrò dire chi è il tuo dio.
Perché guardando cosa ha fatto Cristo con le donne, con gli uomini, con i bambini, con i malati, con gli scartati… viene spontaneo l’interrogativo: Quale uomo, quale donna vuoi essere? Quali modelli abbiamo interiorizzato? A quali criteri affidiamo le nostre scelte?
Ecco il nostro lavoro, chiamiamolo così, come discepoli del Cristo dobbiamo lasciarci educare al pensiero di Gesù, al modo in cui Gesù intende l’umano, perché questo è ciò che di Dio ci rivela il Cristo.
Non ci sono due discorsi separati, da una parte l’uomo e dall’altra Dio. Quando diciamo che Gesù è vero uomo, diciamo che è l’uomo, come ebbe a dire profeticamente Pilato: Ecce homo, è l’essere umano amato da Dio, pensato da Dio e per questo il nostro punto di riferimento.
Ora come viene presentato Gesù sulla scena della storia? Gesù è il figlio amato da Dio, come ebbe a dire il Padre nel giorno del battesimo: Ecco mio figlio l’amato, ascoltatelo. Gesù è il figlio amato donato per noi, affinché anche noi possiamo diventare figli amati.
Discorso analogo lo possiamo fare per Dio Padre. Se uno ci dicesse: Tu che credi in Dio, dimmi in una parola chi è Dio, cioè cosa devo pensare quando sento o pronuncio questa parola, risponderei senza esitazione: Dio è amore. Di Dio si possono dire tante cose, Creatore, Signore… ma, come ci insegna san Giovanni nelle sue lettere, il termine amore le comprende tutte, le riassume tutte. Dopo questa parola non c’è bisogno di aggiungere alcunché. Dio è amore.
Dello Spirito cosa possiamo dire? Domenica scorsa abbiamo celebrato e rivissuto la Pentecoste per noi, perché lo Spirito è all’opera, è vivificante, è vento, fuoco che ci fa parlare una lingua comprensibile a tutti, la lingua del Vangelo, il linguaggio dell’amato e dell’amore.
Lo Spirito dunque è il perdurare dell’amore, lo Spirito, passatemi questo termine oggi ambiguo ma lo intendiamo come aggettivo e non come sostantivo, è l’amante, colui che continua a tenere vivo l’Amore del Padre per il Figlio amato e che ci rende capaci di amare.
Ora ciò che non comprendiamo più dell’uomo oggi, lo intuiamo nel mistero della Trinità che non è una dottrina astrusa, un dogma oscuro, un mistero di nessuna utilità, da prendere così a occhi chiusi nel pacchetto della fede cristiana, ma una storia d’amore.
Padre, Figlio e Spirito Santo sono le tre forme dell’amore cui siamo chiamati, al quale dobbiamo educarci. Il Padre è l’Amore, il Figlio l’Amato e lo Spirito l’Amante. Il Padre è sorgente d’amore prima di noi; il Figlio è uomo amato accanto a noi, lo Spirito è soffio spirituale dentro di noi.
Ora se nemmeno Dio sa stare da solo, anzi è in continua relazione vitale e d’amore, dove andremo noi se continuiamo a perseguire la strada dell’individualismo che stiamo percorrendo a folle velocità?
Ascoltiamo i richiami che arrivano dalla natura e dall’ambiente? Anche quelle relazioni e interconnessioni sono vitali!
Ascoltiamo i fatti della vita di ogni giorno cui non possiamo semplicemente reagire con un’indignazione estemporanea, ma che esigono da noi un sussulto di responsabilità verso gli altri e verso il mondo?
Già troppo a lungo abbiamo pensato di passar sopra all’etica, abbiamo deriso la bontà, abbiamo pensato di snobbare l’onestà, ora è giunto il momento – come scrive Papa Francesco – di riconoscere che questa allegra superficialità ci è servita a poco[1].
Anzi va distruggendo ogni fondamento della vita sociale, ci mette l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e impedisce lo sviluppo di una vera cura dell’ambiente.
Dimmi come tratti l’uomo e ti dirò chi è il tuo dio.
(Es 33, 18-23; 34,5-7; Gv 15, 24-27)
[1] Laudato sì’ 229.