DOMENICA DELLE PALME messa nel giorno - Gv 11, 55-12, 11
Il preludio nell’ambito musicale è una sorta di introduzione strumentale all’intera opera nell’intento di anticipare alcuni dei motivi che poi nel corso dell’esecuzione verranno più ampiamente ripresi e sviluppati.
Analogamente questa domenica che per un verso è il vertice e il punto d’arrivo del cammino quaresimale, è anche e soprattutto il preludio della passione, morte e risurrezione di Gesù. Qui incontriamo quei temi, quelle vicende che nel triduo pasquale vedranno come interprete principale Gesù stesso, come ci ricorda il quarto canto di Isaia che in un dialogo tra il popolo e Dio sull’ingiustizia, sulla violenza, sul dolore e sulla sofferenza che in alcuni momenti ci sembrano essere un prezzo troppo alto da pagare alla vita.
Anche il vangelo di oggi lascia presagire qualcosa di questi temi, ma secondo un registro che in parte ci sorprende, perché è il registro dell’eccesso e dell’esagerazione.
Al cuore della pagina evangelica incontriamo il gesto di Maria di Betania che è di una bellezza e di un incanto unici: Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
In sé a noi appare un gesto esagerato. Va bene essere riconoscenti e grati al Signore, va bene l’ospitalità e l’accoglienza dell’amico… ma questi sono i gesti che abbiamo visto fare da chi aveva qualcosa da farsi perdonare: non si era comportata così la prostituta che entrata in casa di Simone aveva profumato i piedi del Maestro e li aveva asciugati con i suoi capelli? (Lc 7, 36-50). Nel vangelo di Marco si dice addirittura che la donna ruppe un vasetto di alabastro per ungere il capo di Gesù. Anche qui emerge l’eccesso: non bastava forse versare il profumo in maniera tale da conservare l’alabastro, senza frantumare il vaso?! (Mc 14,3-9).
È un eccesso, una esagerazione. E ci troviamo almeno per una volta ad essere d’accordo con Giuda: Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri? Lasciamo cadere la annotazione polemica di Giovanni che scrive di Giuda che disse così perché era un ladro, e che dei poveri non gliene importava nulla. Giovanni non gliel’ha proprio perdonata di aver venduto Gesù, ma il buon senso, la ragionevolezza, un rapido calcolo costi-benefici… ci avrebbe fatto pensare di fermare Maria e di dirle: sì, versane un poco, ma non tutto!
Eppure ci sono dei momenti della vita e ci sono degli appuntamenti con la storia in cui occorre esagerare, occorre fare e amare più del dovuto. Proprio quando c’è un eccesso di buio, di violenza, di calcolo, di ottusità, di chiusura… quando c’è un eccesso del male che dilaga e plasma le vite e le coscienze. Quando non c’è soltanto cattiveria, ma c’è cinismo, c’è crudeltà, c’è indifferenza nello schiacciare e umiliare l’altro, sia esso uomo, donna o bambino… siamo di fronte a un eccesso del male che ci provoca, ci scuote e ci turba.
Con che stato d’animo sono tornati a casa alla sera quei gendarmi che hanno bloccato Beauty, giovane mamma nigeriana di 31 anni malata di linfoma, che stava tentando di raggiungere la Francia salendo da Bardonecchia, in alta Valsusa, in un percorso di montagna che d’inverno diventa proibitivo per il gelo e per la tanta neve, soprattutto se si è privi di qualsiasi attrezzatura come la stragrande maggioranza di chi affronta la salita in cerca di un futuro migliore, una donna al settimo mese di gravidanza, assieme al marito, suo connazionale, richiedente asilo.
Quei gendarmi li hanno bloccati e li hanno riaccompagnati a Bardonecchia, scaricandola letteralmente davanti alla stazione ferroviaria, dove c’è un piccolo presidio sanitario di emergenza. Anche se era più che evidente che stesse molto male, non hanno neppure avvertito il medico o richiesto soccorso sanitario. L’hanno semplicemente lasciata lì.
Il bimbo nato per miracolo, dal papà è stato chiamato Israel, ovvero figlio di una donna che cercava la sua terra promessa!
Ancora, qualche giorno fa una guida alpina francese, Benoit Ducos si era imbattuto in una migrante incinta all’ottavo mese che tentava, insieme al suo compagno e ai loro due bambini di 2 e 3 anni, di attraversare il difficile passo del Monginevro a 1900 metri d’altezza. Dopo aver caricato in macchina la gestante per condurla a Briançon, verso l’ospedale più vicino, la guida alpina è stata bloccata da una pattuglia della gendarmerie che gli contestò il fatto di avere a bordo dei clandestini, privi di documenti. In quel momento, però, iniziate le doglie del parto e la guida supplica il poliziotto di consentirgli di raggiungere l’ospedale più vicino. Poche ore dopo la donna dà alla luce il bambino. Ma per la magistratura francese la guida alpina rischia fino a cinque anni di carcere.
Ecco l’eccesso del male in cui siamo immersi. Siamo alle prese con la coda di un inverno – non solo meteorologico – che pare aver congelato il diritto di esistere e il senso di essere umani, perché in questi casi non è questione di amore, è questione di rispetto dei diritti umani, del valore della vita umana al di sopra di tutto.
Ricordate l’Antigone, una delle tragedie di Sofocle: allora si trattava di disobbedire a una legge voluta dal re Creonte che aveva proibito la sepoltura di Polinice. Antigone sorella di Polinice trasgredì deliberatamente quella legge e non esitò a dare sepoltura al fratello, decisione che pagò con la vita.
Oggi viviamo la tragedia nella tragedia: il contrasto tra due “giustizie”: l’una immodificabile quella non scritta ma basata sul senso di umanità e l’altra creata dall’uomo e paradossalmente meno umana. Occorre che ciascuno di noi prenda posizione, con coraggio.
Nel preludio di questa tragedia che è l’eccesso di male si staglia la risposta di Maria di Betania che pone in essere un eccesso di bene. Proprio all’inizio dei giorni del tradimento, dell’amore ferito dalla vigliaccheria, nei giorni in cui registriamo ottusità e cinismo… nel momento in cui andiamo incontro a tutto ciò che di peggiore l’umanità riesce a fare per diventare più disumana, in questa desolazione, prima ancora che brilli la luce della risurrezione di Gesù, prima ancora che le tenebre vengano vinte dalla pasqua di Cristo, incontriamo questo gioiello di eccesso d’amore da parte di Maria sorella di Marta e di Lazzaro che riempie di profumo la casa, tutta la casa.
È uno spreco intenzionale, premeditato, voluto e cercato. Brava Maria di Betania, meno male che ci sei tu a ricordarci che la vita è fatta anche di generosità, di gratuità, di esagerazione nell’amare. Ci sei tu che ci insegni che se non ci mettiamo del nostro, se non facciamo la nostra parte e se non andiamo oltre il “ti do tanto, mi dai tanto”, la nostra casa comune non profumerà di vita, ma di morte.
Ci insegni che occorre esagerare nel bene, occorre che doniamo anche quando l’altro non se lo merita, che perdoniamo anche a costo di perderci. Occorre esagerare nel bene anche a costo di uscire dalle convenzioni sociali che ci obbligherebbero a certi comportamenti “politicamente corretti”. Occorre un eccesso del bene anche quando si calpesta quello che potrebbe essere il buon senso della gente o quello che è chiamato il comune senso della misura, per compiere gesti che vanno al di là.
Come ha fatto il poliziotto Arnaud Beltrame, che si è volontariamente sostituito ad un ostaggio nel supermercato di Trèbes, pagando con la propria vita. L’eccesso del bene è tale perché non è necessario, perché va al di là di tutte le convenzioni.
Perché è necessario esagerare nel bene? Per almeno due motivi. Primo perché Gesù ha fatto questo e Maria di Betania lo ha ben compreso: ci ha detto di non pensare al mistero di Dio come a qualcuno di Onnipotente, a un Giudice, un Sovrano chiuso nei suoi privilegi… perché questo conduce poi alla logica del dominio, del potere e della superstizione in un Dio grandioso, immenso… che non è il mistero del Dio cristiano. Il Dio di Gesù invece è dono di sé, dono gratuito d’amore, esagerazione d’amore a costo anche di una estrema umiliazione.
Un secondo motivo perché dobbiamo esagerare nel bene, lo dico con le parole pronunciate dal card. Bassetti, nel concludere l’altro giorno (21 marzo) la riunione del Consiglio permanente dei vescovi italiani quando diceva che occorre che la chiesa riconosca come l’inverno presenti a volte anche il volto di una fede che incide poco. Una fede che, sì, guarda al Cielo, ma che poi stenta a tenere i piedi per terra; una fede che talvolta diserta la strada, una fede che latita dove invece dovremmo trovarla impegnata a tradurre il Vangelo in segni di vita. Una fede, in definitiva, spesso dissociata dal giudizio sulla realtà sociale e dalle scelte conseguenti, che invece dovrebbe generare.
Se questo può accadere, come Chiesa abbiamo una ragione in più per rinnovare la nostra disponibilità a continuare a fare la nostra parte. Crediamo che la storia – anche la storia di oggi, la nostra storia – sia guidata dallo Spirito Santo, che suscita uomini “liberi e forti”.
Ci riconosciamo nella tradizione democratica del nostro Paese e sentiamo la responsabilità di contribuire a mantenerlo unito.
Ci impegniamo ad ascoltare questa stagione, a ragionare insieme e in maniera organizzata sul cambiamento d’epoca in atto e a portare avanti con concretezza un lavoro educativo e formativo appassionato.
Proprio per questo occorre che non ci abituiamo all’eccesso del male, che non ci adattiamo con ignavia, sonnolenza o indifferenza, perché quando inizia a sanguinare il diritto umanitario, è la stessa democrazia ad ammalarsi, è la stessa convivenza umana a essere in pericolo e ci si incammina verso la barbarie.
Se vogliamo che la casa comune profumi di vita e di speranza non è che dobbiamo fare gli eroi, ci sono dei momenti della vita e ci sono degli appuntamenti con la storia in cui occorre esagerare, occorre fare e amare più del dovuto, con un amore che si esprime anche in forme molto affettuose, piene di tenerezza, direi quotidiane, elementari.