I DI AVVENTO - Lc 21, 5-28


audio 14 nov 2021

Una vera e propria apocalisse: cosa manca di catastrofico alle parole di Gesù? Crolla il tempio, guerre, terremoti, carestie, persecuzioni, tradimenti, segni nella luna e nel sole e poi le emozioni più forti: angoscia, ansia e paura!

Non manca proprio nulla: sembra stia parlando di noi, del nostro mondo, di questo nostro tempo!

Eppure quando Gesù parla così i suoi contemporanei non lo recepiscono come un messaggio di paura e di terrore. Conoscevano bene questo genere letterario che ha poco a che fare con la nostra accezione di apocalisse dove noi intendiamo la descrizione probabile della fine delle cose, la fine del mondo, la deflagrazione del cosmo.

Niente di tutto questo: l’apocalittica è figlia del profetismo. Il profeta si rivolgeva alla città, al popolo sollecitando la conversione, il ravvedimento. Spingeva al superamento delle ingiustizie, degli imbrogli… per una fedeltà più rigorosa a Dio. Svegliava le coscienze spingendo sui tasti della forza morale, dell’impegno per la giustizia, ricorrendo a metafore, ad azioni simboliche, a gesti provocatori…

Il genere apocalittico possiamo dire che abbia la stessa finalità, lo stesso intento di suscitare un cambiamento, ma attraverso l’operazione propria di chi toglie il velo e solleva la coltre che copre le cose. Apocalisse letteralmente significa togliere il velo, ri-velare, quindi rendere chiaro e manifesto ciò che non è.

Perché il cambiamento può anche avvenire perché ci impegniamo a colpi di buona volontà, è vero, probabilmente però il cambiamento avviene se si modifica il modo di vedere le cose, se abbiamo un’altra visione della vita e della storia.

Gesù questo ci insegna oggi in quello che è il suo ultimo discorso prima della Pasqua. E sono le parole che Gesù rivolge a tutti, discepoli, amici, simpatizzanti, gente comune… quindi non è un messaggio cifrato per pochi privilegiati che possono capire.

Gesù in prossimità della Pasqua, vale a dire di fronte al fatto che morirà crocifisso, succederà che il velo del tempio sarà lacerato, si farà buio sulla terra nel bel mezzo della giornata, verrà tradito e abbandonato, ci sarà grande angoscia, ansia e paura tra i suoi amici… insomma di fronte a fatti terribili e inquietanti che dicono la fine di Gesù, la fine di un mondo, la fine di una storia che aveva coinvolto altre storie di vita, ebbene il Signore dice: togliamo il velo dai fatti, scopriamo cosa c’è davvero in gioco dentro le cose che accadono.

E questo è anche per noi un cambiamento: siamo schiacciati sulle notizie, sulla cronaca dei fatti, riceviamo numerose informazioni nell’arco della giornata, possiamo ritenerci anche aggiornati su tutto quello che accade… ma non riusciamo a cogliere la questione di dove stia andando la storia. Dove va l’umanità? Verso dove si muove il corso del tempo?

In che senso Gesù toglie il velo? Quale velo toglie Gesù da questa storia?

Ascoltiamo le sue parole, la battuta finale: Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza… Proprio lì, proprio allora si rivela Gesù non solo come maestro, come profeta, come guaritore, ma quando tutto sembra finire, dentro la contraddizione più evidente e l’impotenza più grande perché tutto sembra soccombere, proprio questo deve accadere primo perché Dio è lì, Gesù, figlio dell’uomo abita quella contraddizione.

Quando tutto crolla? Crollasse anche il nostro Duomo, crollasse anche s. Pietro… cosa rimane? Cosa resta?

Resta il fatto che Dio è proprio lì dove noi non lo vediamo. Il figlio di Dio sta nella contraddizione della croce. Il Signore è lì a rivelarci che la vita continua nella morte, la vita continua nonostante tutto intorno crolli. Crolla i regni, crollano i legami, crollano gli affetti, crolla il cielo… ma la vita continua.

La Pasqua toglie il velo da una storia fallimentare, perché la vita di Gesù vista crocifissa sulla croce è stata un disastro, per lui, per la sua famiglia, per i suoi discepoli… eppure la vita di Gesù ha attraversato la morte in croce per una vita risorta.

Questa è la visione della Pasqua: non che dopo la morte c’è la vita, ma che dentro la morte abita la vita. In questa visione comprendiamo altrimenti l’andamento delle cose.

Veniamo liberati, come dice Gesù, dall’angoscia, dall’ansia e dalla paura. Sono proprio queste le parole conclusive: Alzate il capo perché la vostra liberazione è vicina.

La visione pasquale della storia libera il nostro modo di stare nella storia dalla schiavitù della cronaca: a che serve sapere tutto quello che accade nel mondo, se non comprendiamo più profondamente dove stiamo andando?

Quando cade un regime è la liberazione dell’uomo che si realizza. Non bisogna disperarsi quando determinati poteri, che sembravano storici, che sembravano eterni, cominciano a scricchiolare: la liberazione è vicina.

Lo stesso S. Agostino si sbagliava quando affermava: “Se crolla l’impero romano è la fine del mondo”. È crollato l’impero romano, come ne sono crollati altri, eppure non è stata la fine del mondo, è stata la fine di quel mondo e la rigenerazione di un altro mondo. Ogni volta che cade un regime, ogni volta che crolla un’ideologia, l’umanità si rigenera e può migliorare.

La visione pasquale libera anche la vita religiosa dal trasformare Dio in un idolo: possono crollare i templi, le chiese e tutte le loro strutture, anzi se questo avviene non diciamo che Dio è morto, muore un nostro modo di credere, e da qui si può generare una fede nuova.

La visione pasquale libera anche le nostre relazioni dall’ansia del possesso e della fusione: si rompono legami, si frammentano amicizie, perfino gli affetti più cari possono frantumarsi per i più svariati motivi, eppure anche questo può far nascere un modo nuovo di amare, di relazionarci con gli altri, di costruire amicizie vere, perché la vita continua.

Inguaribile ottimismo? Nient’affatto, com’è che allora questa visione delle cose ci aiuta a reggere l’impatto tante volte doloroso e insopportabile di terremoti e sconvolgimenti sui diversi piani della nostra vita?

Al cuore della pagina di oggi, Gesù dice: Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

Perché la certezza che il Signore è lì proprio nel momento della apocalisse, quando tutto crolla; sapere che Lui non viene meno neanche quando è con le mani inchiodate alla croce, ci rende perseveranti e possiamo credere di essere capaci di imparare a non scappare, a non far finta di niente e a continuare a stare in mezzo anche ai terremoti più violenti prendendoci cura della vita.

Perseveranza vuol dire: avere una visione pasquale della vita, per questo non mi arrendo.

Nel mondo sembrano vincere i più violenti, i più crudeli, ma io non mi arrendo.

Anche quando tutto il lottare contro il male sembra non cambiare niente, io non mi arrendo e imparo dal contadino. Rispondo alla grandine e alla tempesta piantando nuovi alberi, nuovi vigneti.

Per ogni raccolto di oggi perduto, mi impegno a prepararne uno nuovo domani. Seminare, piantare, attendere, perseverare vegliando su ogni germoglio della vita che rinasce.

(Lc 21, 5-28)