VII DOPO PENTECOSTE - Gv 6, 59-69
Potremmo trovarci nella pianura di Sichem, oppure sulle rive del lago a Cafarnao o ancora sul porto di Tessalonica… ogni luogo è un luogo di possibile decisione per ripartire.
Infatti ciascuno di noi porta nel cuore il ricordo di una località nella quale è successo qualcosa di decisivo per la sua vita. Il luogo dove hai incontrato l’uomo e la donna della tua vita. Il luogo dove hai deciso una svolta per te e per la tua famiglia.
E così è per una città e per un popolo: ci sono luoghi di memoria, nel senso che lì si è operato qualcosa che ha fatto compiere una svolta al corso delle vicende, lì si è deciso per un cambiamento.
Così è stato per il popolo d’Israele che a distanza di qualche anno dalla celebrazione della prima alleanza sul Sinai con Mosè, nella piana di Sichem in Samaria, sotto la guida di Giosuè è messo di fronte alla necessità di compiere la decisione di continuare o meno a servire il Signore.
Analogamente Paolo ricorda ai cristiani di Tessalonica di scegliere di continuare a servire il Signore anche in un contesto ostile e socialmente e culturalmente diverso da quello in cui è nato il Vangelo.
Gesù nel vangelo di Giovanni mette i suoi discepoli, che di per sé avevano già deciso di seguirlo, di fronte alla necessità di decidersi, di nuovo e lo fa con parole che ancora ci inquietano: Volete andarvene anche voi?
È un po’ come nella vita coniugale, nella vita consacrata… certamente c’è una scelta all’inizio, ma si sa bene che non si vive di rendita, ci sono dei passaggi della vita che esigono una decisione, una presa di posizione per ripartire.
Ora tutti noi ci siamo trovati nella condizione di scegliere, di compiere delle decisioni difficili, per cui abbiamo dovuto ponderare, valutare, considerare… chiedere consiglio, magari passando notti insonni, attraversare stati d’ansia e di preoccupazione.
È importante decidersi, è necessario scegliere perché la vita talvolta ci pone innanzi alternative che esigono una decisione, le cui conseguenze sono in capo al senso di responsabilità che ciascuno di noi si porta dentro e che ha già sperimentato nella sua vita.
C’è anche chi non sceglie mai, temporeggia, aspetta sempre le condizioni migliori, vale a dire che qualcun altro scelga per lui… a suo modo anche questa è una decisione.
Dobbiamo dunque riflettere sulle condizioni e sulle motivazioni che ci mettono in grado di decidere e di fare delle scelte.
In base a cosa scegliamo?
Se scegli con la pancia, in base all’umore, al ‘mi piace o non mi piace’ è chiaro che scegli per avere una soddisfazione immediata e non vedi oltre. Oggi potrai sperimentare un po’ di felicità, ma domani sei in balia dei tuoi mal di pancia. E non è così che fai la storia.
Per contro c’è chi si fissa sulla regola, sulla norma e sulle consuetudini per cui sta come ingessato dentro un’osservanza ripetitiva e triste, incapace di comprendere che ogni valore va vissuto qui e ora, e che l’ideale non è nel passato, ma ci sta innanzi.
Infine c’è chi vive di calcolo, di tornaconto, chi sta sempre a misurare: ma a me cosa ne viene? L’abbiamo vissuto in questa settimana: in base al calcolo di consensi e di partito viene messo a repentaglio il bene di una comunità, di un popolo intero. Non hanno ascoltato nemmeno l’appello di sindaci, di associazioni, né del mondo accademico… Per l’ambizione, il ristretto interesse personale e per l’incapacità di capire, o forse di preoccuparsi, che gli eventi nel proprio travagliato Paese hanno sfortunate implicazioni ben oltre i suoi confini.
Da dove possiamo dunque ripartire? La parola di Dio ci indica la necessità di operare un serio discernimento, tenendo ben presenti due condizioni, che incontriamo nelle letture.
La prima. Di fronte alla necessità di decidere per una cosa o per un’altra occorre guardare alla storia di Dio con me. Non si tratta tanto di vedere quello che ho fatto io per il Signore, ma quanto e come ha agito il Signore con me e come si è manifestato ed è stato fedele nella mia vita.
La prima regola elementare del discernimento è fare memoria della mia storia, del mio passato. Cosa risponde il popolo a Giosuè: Lontano da noi abbandonare il Signore… perché il nostro Dio ci ha fatto salire noi e i padri nostri dalla condizione servile in Egitto.
Analogamente Pietro che parla non solo a titolo personale, ma a nome di tutti, risponde: Signore da chi andremo? Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio! Noi abbiamo conosciuto, sappiamo!
Il primo passo è fare memoria, raccontare la storia.
In secondo luogo, il discernimento guarda oltre l’immediatezza e poggia lo sguardo sull’orizzonte della nostra vita, ovvero ci pone la questione: per cosa siamo fatti? Per che cosa sono al mondo? una volta si diceva siamo fatti per la gloria di Dio e la salvezza della nostra anima. Oggi questo linguaggio non ci aiuta, preferiamo parlare di compiere la volontà di Dio, di cercare un orizzonte di senso.
La seconda regola del discernimento non è decidere cosa devo o non devo fare, cosa posso o non posso fare, ma comprendere cosa piace a Dio che io faccia. Questo è il principio della vita cristiana.
Infatti la domanda che Gesù pone ai suoi nel vangelo non è di scegliere tra bene e male, tra una cosa giusta e una cosa sbagliata, ma tra seguirlo e non seguirlo. Nel senso che uno può condurre una vita onesta, buona e generosa anche senza andare dietro a Gesù.
La questione decisiva è conoscere quale è la volontà di Dio per me, cosa vuole Dio da me.
La sfida del discernimento è muoversi attraverso le emozioni e i sentimenti che ci tirano in direzioni diverse per cercare non quello che è sufficientemente buono, ma quello che è meglio. La scelta non è tra ciò che è più conveniente, più opportuno per me, ma tra ciò che mi permette di servire il Signore dando il massimo possibile.
Il discernimento si rivela più esigente della norma, perché richiede di passare dalla logica legalistica del minimo indispensabile a quella del massimo possibile (Francesco, Amoris letitiae, nn. 291-312).
Ecco dentro queste due regole: guardare la propria storia e cercare cosa Dio vuole da me, sta tutta la nostra decisione per ripartire. Ma siamo solo all’inizio, perché se è vero che il discernimento presuppone chiarezza in ordine al fine, è evidente che in ordine ai mezzi c’è tutto lo spazio della nostra libertà.
In questa ora della storia occorre essere forti e lucidi. Parafrasando un verso di Ungaretti: la mèta è (ri)partire. Ciascuno con discernimento deve portare il proprio mattone per costruire la casa comune.
Preghiamo insieme dunque perché siamo capaci di un discernimento attento e non superficiale, libero e non di calcolo, affinché ogni giorno possiamo seguire Gesù, la cosa più bella che ci possa capitare e da qui ripartire.
(Gs 24, 1-2.15-27; 1Ts 1,2-10; Gv 6, 59-69)