I DI AVVENTO - Lc 21, 5-28


Ascoltando questa pagina di Luca non ci risulta difficile constatare che queste stesse cose, questi stessi eventi annunciati dal Cristo, in buona parte almeno, li stiamo vivendo anche noi.

Viviamo tempi difficili, frequentemente ci capita di dire o di sentir dire che siamo in un’epoca di decadenza, perchè sappiamo bene che la nostra non è una crisi solo economica che sta facendo perdere tanti posti di lavoro, ma è una crisi etica, politica, culturale, che ci porta a pensare che come sono decaduti tutti i grandi imperi della storia così anche noi stiamo andando verso una conclusione incerta.

Ma non è che dicendo questo le cose cambino, se noi siamo qui è perchè non vogliamo semplicemente stare a guardare fuori dalla finestra, con la beata ignoranza e ingenuità di quei marinai, come scriveva Kierkegaard, che mentre la nave va a fondo, le uniche cose che ascoltano sono il menu del giorno che il cuoco di turno va dettando! Se siamo qui è perchè ci domandiamo: cosa dice Dio, cosa la sua Parola ci fa pensare? Cosa ci sta chiedendo il Signore?

Oggi anzitutto ci chiede il coraggio del profeta Isaia. In quegli anni Israele guardava con terrore gli spasimi di Babilonia sotto le bordate dei Persiani: cadeva Babilonia la grande, colei che aveva costretto Israele all’esilio! E se cade anche Babilonia è la fine del mondo!

Il profeta non si agita, non va in ansia, ma riflette con profondità, guarda intensamente la storia e dice: spasimi e dolori li prendono, si contorcono come una partoriente. La storia partorisce un futuro inedito, dice Isaia.

Quello che la cronaca o l’informazione descrivono diremmo noi, come storia di corruzione, di immoralità, di fango, di superficialità… da questa palude in cui siamo immersi può nascere un mondo nuovo!

Farò cessare la superbia dei protervi e umilierò l’orgoglio dei tiranni, così conclude Isaia e lo annuncia anche per noi oggi: ciò che ci pare impossibile, diventerà realtà. La nostra umanità partorirà l’inedito, il nuovo. Cesserà la superbia dei protervi e l’orgoglio dei tiranni! Ci vuole coraggio per continuare a credere che Dio feconda la storia umana!

Una seconda cosa suggerisce la parola di Dio e ce lo racconta la comunità di Gerusalemme che nel 70 assiste alla distruzione del monumentale tempio erodiano che era stato terminato solo sei anni prima, e la cui costruzione era iniziata nel 20 a.C.,  ma questa comunità non grida alla fine del mondo, perchè già la morte di Gesù era stata vissuta come la fine del mondo e il Risorto li aveva aiutati a comprendere la possibilità di Dio di trasformare anche le più grandi tragedie in occasione di speranza.

Così che di fronte alle guerre, rivoluzioni, terremoti, carestie e pestilenze che sono fatti che riguardano il mondo nel suo insieme, ma anche dinnanzi a falsi messia, persecuzioni, tradimenti, martirio che sono fatti che riguardano la chiesa, la comunità cristiana, i discepoli non grideranno la fine del mondo ma rimane fedele all’invito di Gesù nel vangelo di Luca: non lasciatevi ingannare; non andate dietro ai profeti di sventura;  non vi terrorizzate; non preparate prima la vostra difesa, siate perseveranti.

Ma soprattutto, e sono le sue ultime parole: «Quando cominceranno ad accadere queste cose – cioè sempre e ancora oggi – risollevatevi e alzate il capo, perchè la vostra liberazione è vicina».

Alzate il capo!  A me sembra che chiedendoci di sollevare il capo, il Signore ci inviti a scartare ogni interpretazione semplicistica, quel modo cioè di intendere gli eventi drammatici della vita e della storia, unicamente come una punizione.

Chi di noi non ha avvertito in seguito a una delusione professionale, affettiva, a un’amarezza profonda, come se il mondo gli crollasse addosso?

Così ogni volta che accade una sventura, siamo portati istintivamente a leggerla come la pena di una colpa precedente e succede che ci avviluppiamo intorno a noi stessi, ai nostri sensi di colpa…  Alimentando un certo sentimento religioso che trova qui un terreno fecondo al punto che si moltiplicano atti religiosi, ma non si cambia la vita di una virgola!  Lo vediamo ad esempio, ma non solo, nella religiosità dei mafiosi.

Alzate il capo, risollevatevi, dice Gesù. La sfida è questa, se vi agitate e vi lasciate muovere dalla retorica della fine del mondo, molta gente finirà per disperare e avere paura. Cresceranno l’agitazione e l’angoscia, ma anche la rassegnazione e il disinteresse.

E allora come vedere i segni di speranza, che cosa ci è dato ancora di sperare? Come possiamo dire che questa storia è il parto di un mondo inedito?

Descrivere la contemporaneità come spettacolo della fine del mondo in diretta non ci converte, ci deprime e basta.

I tempi sono sempre terribili, la società è sempre senza valori e le persone sono sempre smarrite.

La fede medita e l’avvento ci invita a meditare con sguardo solido e penetrante l’attesa del Signore e non per caso il tema della sua venuta è incentrato sull’icona della Nascita, non della grande catastrofe.

Il tempo dell’attesa è il tempo della gestazione, della fede operosa, non dell’eccitazione, dell’angoscia, della paralisi e della dispersione.

Troppa agitazione non produce niente, ci concentra sugli avvenimenti che accadono e ci fa perdere di vista l’orizzonte disegnato dal Signore.

Il credente non sta fermo e non si agita, medita le difficoltà della vita e della storia dell’uomo e cerca ogni volta, con perseveranza e pazienza, guidato dalla Scrittura e dall’esperienza della Chiesa, il modo in cui il Signore è vicino.

Non è forse stato questo l’atteggiamento di Maria di Nazaret? Era incinta di Dio prima del matrimonio con Giuseppe: si sarà sentita cadere il mondo addosso! I dubbi del fidanzato, la presa di distanza dei parenti, i pettegolezzi del villaggio, il giudizio degli uomini religiosi… E lei invece cammina cantando il Magnificat dicendo: Dio sei grande!

Gli imperativi di Gesù che Luca ci ha consegnato lei li ha vissuti tutti: non lasciatevi ingannare, non andate dietro ai profeti di sventura, non vi terrorizzate, non preparate prima la vostra difesa, siate perseveranti, alzate il capo!

Chiediamo al Signore di riuscire a vivere così la nostra storia, e come Maria arrivare anche noi a Natale e poter dire con lei: Avvenga per me secondo la tua parola.

(Is 13, 4-11; Ef 5, 1-11a; Lc 21, 5-28)