VI DI PASQUA - Gv 15, 26 - 16, 4
Dopo averci parlato, domenica scorsa, della «sua ora», ricordate così pregava rivolgendosi al Padre: «Padre, è venuta l’ora» (17, 1), Gesù oggi annuncia che c’è «un’ora» che viene anche per noi: «Viene l’ora ed è questa in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio».
E poi ancora alla fine della pericope: «Verrà la loro ora…» e quindi c’è ancora un’altra ora, l’ora di chi? L’ora dei nemici, dei persecutori, ovvero l’ora della violenza, dell’odio, della paura, in una parola l’ora di Caino!
E non facciamo fatica a riconoscere che anche oggi c’è sempre un’ora che in realtà si dilata nel tempo: pare che l’ora di Caino sia interminabile, anzi sia dominante, diventi pervasiva fin dentro il modo di pensare di ogni giorno, dentro la cultura, dentro le relazioni, le politiche del mondo, dentro i governi e anche dentro le religioni, perché chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio!
Da questo punto di vista possiamo riconoscere che è sempre l’ora, perché quell’ora continua, non rimane chiusa in un quadrante d’orologio, è inesorabile e percorre le terre e gli spazi dell’uomo… però, ecco la radicale novità che Gesù introduce nella storia: nell’ora di Caino, il Signore si impegna con una promessa: «Verrà il Paraclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità… che darà testimonianza di me…».
Gesù ci assicura che manderà il dono dello «Spirito della verità». Quando lo manderà? Non dimentichiamo il contesto: siamo nel Cenacolo Gesù sta parlando ai suoi che di lì a poco arriva la sua ora… e infatti accade che nel giro di poche ore venga processato e crocifisso. Gesù stesso si trova nella condizione, come aveva annunciato, di essere schiacciato dall’ora di Caino.
Ed è proprio sulla croce che Gesù, dopo essere stato consegnato prima nelle mani dei soldati, poi dei sacerdoti, poi in quelle di Pilato… per essere infine riconsegnato nelle mani dei soldati che sono i suoi carnefici, appeso lì e inchiodato, dopo aver detto: Tutto è compiuto, Giovanni annota, chinato il capo consegnò lo Spirito.
Gesù mentre muore, mentre esala l’ultimo respiro – diremmo noi – in realtà consegna lo Spirito. Gesù consegna lo Spirito quando l’odio si consuma, nell’ora in cui la logica di Caino sembra essere l’unica soluzione della storia umana.
Cosa significa questa consegna dello Spirito? Almeno due cose.
Anzitutto Giovanni parla di Paraclito e noi pensiamo immediatamente che sia paraclito per noi, il nostro avvocato consolatore e diamo facilmente allo Spirito Santo una funzione genericamente rassicurante.
In realtà però nel vangelo di Giovanni appare con chiarezza che lo Spirito Santo è anzitutto paraclito di Gesù Cristo: è colui che difende, anzi è la difesa di Gesù.
Gesù non ha altra difesa nella sua ora, se non quella dello Spirito. Cosa significa? Che lo fa scendere dalla croce? Nient’affatto, il Paraclito difende Gesù Cristo di fronte al mondo perché continui a testimoniare l’amore del Padre e come uomo non ceda alla logica della violenza.
In questo significato, lo Spirito santo è anche il nostro difensore, nel senso che difende Gesù in noi e anche da noi!
Sì perché anche la nostra intelligenza non accetta facilmente la sapienza della croce. Non è che siamo proprio a nostro agio nel tener vivo il messaggio delle Beatitudini quando si tratta di accoglienza, giustizia, equità, non violenza…
Il dono del Paraclito non ci permette di addomesticare Gesù Cristo e lo difende da noi stessi, dal rischio di essere adattato secondo il nostro opportunismo, secondo le nostre convenienze. Quindi anzitutto invochiamo lo Spirito Santo affinché ci faccia ricordare le parole di Gesù e continui ad essere il suo difensore, anche da noi stessi!
Sarà per questo che forse preghiamo poco lo Spirito santo? Preferiamo chiedere che ci venga fatto come noi vogliamo, chiediamo ai santi di realizzare le nostre attese, abbiamo una valanga di patroni che invochiamo per i nostri bisogni… in realtà Gesù ci insegna a chiedere il dono dello Spirito che ci renda, che renda noi, fedeli al Vangelo!
Ed è per questo che, in secondo luogo chiediamo al Padre il dono dello Spirito Santo, affinché possiamo essere nell’ora di Caino testimoni come Gesù. Il Signore ce lo chiede espressamente: Vi dico queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi, ma sappiate che succederà che l’ora di Caino continuerà e questo non vi trovi impreparati.
È come se Gesù accettasse di fare i conti con una dimensione umana invincibile: la violenza, l’odio, la rabbia e la paura apparterranno anche alla vostra storia, dice Gesù. Nemmeno lui riesce a estirpare dal cuore dell’uomo questa dimensione. Per quanta cultura abbiamo, per quanta tecnologia usiamo, per quanta scienza e conoscenza possediamo… rimane nel DNA dell’essere umano una matrice primitiva!
Che è la stessa logica che spingeva Paolo a combattere il cristianesimo. L’abbiamo ascoltato mentre racconta la sua trasformazione a partire proprio dall’odio e dalla violenza che lo portava a percorrere chilometri e chilometri per scovare dei cristiani e farli mettere a morte… andando a cercarli perfino all’estero: era sulla strada di Damasco quel giorno in cui vide una luce e udì una voce che cambiarono il corso della sua vita.
Paolo è in prigione a Cesarea Marittima, sede del procuratore romano, accusato dai capi dei Giudei che lo vorrebbero trattenere a Gerusalemme per toglierlo di mezzo, mentre lui grazie al nipote, al figlio di sua sorella, riesce nottetempo a sventare l’attentato e a fare appello a Roma, in quanto cittadino romano. Una cittadinanza che il padre aveva ottenuto grazie al suo lavoro di fabbricatore di tende per l’esercito romano, una sorta di ius laboris!
Il nuovo procuratore romano, uno dei successori di Ponzio Pilato, di nome Porcio Festo è appena arrivato in Giudea – e quindi sappiamo di essere circa nell’anno 60 (sarà governatore dal 60 al 62, mentre a Roma l’imperatore è Nerone, dal 54 al 68) – e davanti a Paolo si trova in difficoltà perché riconosce che «sul suo conto non ho nulla di preciso da scrivere all’imperatore» (25,26). Chiede aiuto al re Agrippa, ultimo re giudeo sotto i romani che di questioni ebraiche appunto se ne intende, affinché dopo questa «inchiesta io abbia qualcosa da scrivere».
Siamo dunque ancora nel contesto di un processo come nel vangelo di Giovanni e il racconto autobiografico di Paolo ci aiuta a capire come lo Spirito di verità lo renda testimone di Gesù.
L’apostolo anzitutto non rinnega la sua storia e la sua appartenenza, egli non cancella il suo passato, tantomeno rompe con la fede di Israele: certamente cambia atteggiamento nei confronti di Gesù, ma non è che possiamo parlare, come spesso si dice, della conversione di Paolo!
Paolo è già un credente, non è un pagano che deve convertirsi e passare dal credere in Zeus, in Marte o in Venere al vero Dio di Abramo… In questo senso la sua non è una “conversione” ma è una illuminazione, una vocazione come già era avvenuto per Matteo al banco delle imposte, per Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni sulle rive del lago.
Ciò che avvenne nell’ora di Damasco non fu una conversione, piuttosto una illuminazione: vide una luce e udì una voce, così sintetizza negli Atti. Egli giovane promettente di Tarso, con la cittadinanza romana, che era stato mandato a Gerusalemme a frequentare l’università di Gamaliele, e che era diventato ben presto fanatico e integralista, che aveva vissuto alla maniera di Caino… nell’incontro con Gesù cambia, trasforma il suo modo di essere e di vivere, al punto che, grazie allo Spirito di Gesù che tanto aveva combattuto, è ora in grado di affrontare il suo processo con l’atteggiamento mite e fermo, dono di quello Spirito che il Signore consegnò ai suoi amici.
È questo stesso Spirito di verità che invochiamo dal Padre per noi e per la Chiesa, affinché nell’ora di Caino possiamo essere testimoni della mitezza di Gesù.
Chiediamo lo Spirito di verità affinché nel processo che il mondo intenta al Vangelo, possiamo essere memoria viva delle Beatitudini.
Domandiamo lo Spirito di verità perché nell’ora in cui ci prende la tentazione di addomesticare il Vangelo del regno di Dio in una religione accomodante e di accontentarci della mediocrità se non addirittura di compiacerci della violenza… ci sia dato di ricordare la testimonianza del Cristo.
Il Signore era perfettamente consapevole che, come lui, anche noi suoi discepoli, prima o poi avremmo dovuto misurarci su quest’ora, un’ora che non possiamo affrontare da soli senza soccombere, senza il pericolo di rifugiarci nel conformismo, senza rischiare di adeguarci alla mentalità di questo mondo.
Per questo preghiamo: Manda ancora il tuo Spirito o Padre che ci renda memoria viva del vangelo nell’ora di Caino.
(At 26, 1-23; Gv 15, 26-16,4)