I DI QUARESIMA o Domenica all’Inizio di Quaresima - Mt 4, 1-11
L’esperienza delle tentazioni di Gesù è un’esperienza umana che condividiamo profondamente con lui. Le tre tentazioni sono più precisamente la cifra simbolica di tutte le prove cui ognuno di noi è sottoposto nella vita.
Siamo una contraddizione, come esseri umani, come persone, come uomini e come donne, siamo un intricato insieme di amore e di odio, di fiducia e di sospetto, non facciamo il bene che vorremmo, facciamo il male sapendo di fare il male.
Cos’è dunque questa quaresima se non il paradigma di tutta una vita? Non riduciamola a una interruzione del tempo fine a se stessa: è un tempo santo nella misura in cui è condensazione della nostra vita, di noi che siamo in continua lotta, in una continua battaglia, di cui le lotte e le battaglie esteriori non sono che una manifestazione drammatica e tragica.
Le tentazioni, le prove che subisce Gesù e noi con lui, non sono i compiti in classe del professore che vuole saggiare la nostra preparazione, ma sono la rivelazione, tolgono il velo su ciò che noi siamo, sulla nostra consistenza, sulla nostra mortalità, sui nostri limiti.
Chi non ha provato la fantasia di poter essere potente, così potente da trasformare le pietre in pane? Vale a dire da usare tutto per se stessi, da sfruttare il creato, le risorse, i doni di Dio per il proprio potere?
La seconda prova riguarda le persone religiose: chi non ha sperimentato la tentazione di usare Dio e di servirsi di lui perché faccia quello che vogliamo noi?
Infine, quanta gente si agita per cercare di diventare sempre più ricca e spensierata… il denaro, i soldi, per poter surclassare gli altri, per poterli dominare e umiliare?
Le tre tentazioni di Gesù sono il paradigma del cammino di ogni uomo. Più che cammino parliamo di lotta, di guerra interiore con quanto andiamo imbastendo per sfuggire al senso del nostro limite, della nostra consistenza, per sconfiggere la morte.
In un interessante articolo Fabio Cantelli Anibaldi (vice presidente del Gruppo Abele)[1] scrutando con intelligenza quanto stiamo vivendo, scrive che per un uomo di potere – politico o economico che sia – la morte è pietra d’inciampo, smacco, scandalo perché è l’unica cosa sulla quale il suo potere non può nulla.
La morte rivela la natura fittizia, teatrale del delirio di onnipotenza degli esseri umani quando non sono educati a riconoscere il loro limite costitutivo, il loro essere irrimediabilmente mortali.
Delirio che però non riguarda solo gli uomini che concentrano su di sé enormi quantità di potere. Troppo bello se il problema fosse riducibile ai Putin, ai Bolsonaro… di turno, oppure, spostandoci in ambito economico-finanziario, ai vari Bezos, Zuckerberg…
Magnati e dittatori sono accomunati dalla stessa priorità: rimuovere il pensiero della morte per abbandonarsi spensierati all’ebbrezza che procura l’eccesso di soldi e di potere, di dominio.
È la rimozione della mortalità a rendere crudele il potere e intrinsecamente violento il sistema che gli fa capo. Chi detiene il potere, ma disconosce la sua mortalità, per ciò stesso si costruisce un’immunità psicologica dalla morte uccidendo o facendo uccidere.
La logica che, a loro insaputa – ne sono vittime ma non lo sanno – guida tutti i Putin di questa terra può essere espressa così: ti faccio uccidere, esercito la violenza e la forza, quindi prendo il posto della morte che accade a tutti e per tutti meno che a me, che la eguaglio per onnipotenza.
Ora Gesù sa di andare incontro alla morte, e tutta la quaresima non è che un cammino fino alla croce, ma compie questo cammino, si esercita in questa lotta con armi diverse.
Poteva iniziare la sua missione consapevole di entrare sulla scena del mondo servendosi degli strumenti del potere, della propaganda, della ricchezza e del denaro.
Poteva esorcizzare la paura della morte, affrontandola con il piglio del generale che pretende di comandare la storia mandando gli altri a morire. O con l’agilità di un carrista che si sente al sicuro nella sua scatola di ferro mentre spara. Oppure con la distanza del pilota che dal suo caccia sgancia bombe per poi volare via e non vedere.
Gesù non ha armi, ha solo la parola. Combatte la sua battaglia interiore con la parola. Non ha paura di ascoltare il demone che lo incalza, anzi lo lascia parlare… che si esprima la bestia! Ma non si entra in dialogo con la tentazione. È un punto fermo della vita spirituale.
Il nemico, se così lo vuoi chiamare, il diavolo, il divisore appunto, vuole spaccare la tua vita in due, lacerare la tua mente e il tuo cuore, perché quando sono divisi, tu sei più facile preda da soggiogare.
Satana vorrebbe ridurre il Santo, il figlio di Dio a uno psicopatico megalomane. Gesù lo zittisce, asfalta la bestia con la parola.
Parola che dà senso, parola performante, parola che stabilisce la relazione con un tu, che è Dio, con l’Altro, perché nessuno si senta solo in questa lotta e non affronti la battaglia con gli strumenti della forza e della violenza, ma fidandosi solo di Dio che vince il male, l’odio, la violenza.
Se vivi questa lotta fidandoti di Dio, ritrovi la tua unità di cuore e di mente, perché sei questo, sei questa lotta, sei questa battaglia e non è certamente nel dividerti che la superi.
Mettiti nel cuore e nella mente la sua parola, stai davanti a lui e con lui, ti si apre davanti una vita di gesti e di opere che altrimenti non potresti mai compiere.
La scoperta più bella, e noi lo sappiamo già, è che non è vero che andiamo verso la morte. Andiamo verso la Pasqua: la vita di Gesù non muore, risorge, rinasce e noi con lui.
Allora non ci sarà più battaglia, né lotta. Solo allora però.
Ora qui e adesso rientriamo in noi stessi e decidiamo come affrontare questa lotta, con quali armi, con quali strumenti.
O scegliamo la parola o scegliamo la violenza. Gesù è un non violento che ha saputo affrontare la sua lotta interiore, la lotta della sua vita alla presenza di Dio, nella relazione col Padre, con l’unica forza, quella della Parola.
La sua parola non è medicina solo per noi, ma per tutti: il vangelo infatti può cambiare la storia e permette a Dio di intervenire nella vita nostra e del mondo.
Il Vangelo, la sua parola, ecco le armi dello spirito per la nostra conversione che altro non è che l’unità di mente e di cuore, e per la conversione delle armi in strumenti di vita e di comunione.
(Mt 4,1-11)
[1] “C’è bisogno d’amore, anche in Putin” in La via libera, 28 febbraio 2022