II DOPO LA DEDICAZIONE - La partecipazione delle genti alla salvezza - Mt 13, 47-52
Ieri abbiamo celebrato la comunione dei santi, di tutti i santi, oggi viviamo la comunione con i nostri defunti, anzi con tutti i defunti. Vedete come la liturgia insiste perché sia per le due celebrazioni di questi giorni il termine che le unisce è appunto la «comunione». L’orizzonte della vita, delle nostre vite non è la morte, ma la comunione: la comunione di tutti i santi e la comunione con tutti i defunti. Come è possibile questa comunione? È questione di testa? Di convinzione, di suggestione?
Paolo scrive nella Prima lettera ai Corinzi (15,51-57): Non moriremo, ma saremo trasformati! Non è che non si muore, certo che moriamo dice Paolo, ma la morte è una trasformazione. Saremo trasformati: il passivo è il modo migliore per dire che la comunione con i nostri cari che la morte pare aver lacerato, in realtà è possibile perché ci viene donata, non vi accediamo per condizione naturale, per convinzione, ma per grazia. E tutti noi sappiamo perché e come questo sia possibile. Il fatto stesso che quest’anno la celebrazione dei defunti cada di domenica, giorno nel quale i cristiani celebrano la risurrezione di Gesù, il primo a risorgere, ci viene a ricordare che è lui ad aprire la strada alla comunione con Dio.
Non solo, ma di questa risurrezione, ci dice Gesù nel vangelo di Giovanni (5, 21-29) già qui e ora, ne facciamo una qualche esperienza, al v.24: «In verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato… è passato dalla morte alla vita. Uno che ascolta la parola di Gesù e crede in Dio fa già qui esperienza di risurrezione. Cosa significa? Queste parole di Gesù sono in risposta alla polemica che i farisei gli fanno per aver guarito il paralitico di sabato. Ora, dice Gesù, qual è l’attività di Dio? Il Padre non fa altro che far vivere, dare la vita: la sua attività per così dire, è questa. Proprio perché il Figlio è in comunione col Padre, anche il Figlio partecipa del dono di dare la vita! Per questo ha guarito il paralitico, per dirci che lui continua l’opera di Dio, l’opera del Padre che è un progetto di vita piena, eterna. Allora chi crede, chi ascolta la parola di Gesù e si fida di lui, partecipa della vita e dell’opera del Padre.
Quando uno riceve questa parola, già nel suo cuore si opera un passaggio dalla morte alla vita. La parola del Vangelo trasforma già qui la nostra vita perché apre un orizzonte che va oltre le nostre aspettative, i nostri desideri, il nostro egoismo…
In terzo luogo, è proprio nella comunione con Gesù Risorto che è possibile anche una comunione con i defunti e questa avviene nella preghiera. Pregare per i defunti è un atteggiamento di comunione, perché li sappiamo vivi e nella misericordia dell’Eterno, come ci insegna la prima lettura ricordandoci l’episodio di Giuda Maccabeo (160 a.C.) che promosse una colletta per offrire un sacrificio espiatorio per quei giudei che erano morti in battaglia (2Mc 12, 43-46). Giuda Maccabeo organizza una colletta affinché si faccia un sacrificio espiatorio per quei giudei caduti in battaglia perché sui corpi dei caduti erano stati trovati amuleti e oggetti pagani… insomma costoro invece di bruciare quanto era segno del paganesimo, se ne erano appropriati. Giuda Maccabeo però è sicuro che nonostante questo peccato, Dio non conserverà per sempre la sua ira verso di loro, perché comunque si sono mostrati fedeli alla causa del suo popolo, fino a sacrificare la propria vita. Non è accettabile l’idea che questi martiri vengano trattenuti in una condizione di non risurrezione. Non solo, ma è necessario pregare per loro, intercedere presso Dio per il perdono dei loro peccati. È questo un aspetto importante anche per la fede e la liturgia cristiana.
Infatti come ai tempi di Giuda Maccabeo quando intendiamo far celebrare un’eucaristia in suffragio per i nostri cari, abbiamo mantenuto la consuetudine di accompagnare un’offerta, che dice la nostra partecipazione alla vita della comunità. Tuttavia questo legame tra celebrazione e offerta è diventato ormai ambiguo: tra il dare un’offerta e arrivare a percepire la celebrazione come un diritto, il passo è breve. C’è gente che si arrabbia perché durante la celebrazione non ha sentito il nome della persona per la quale ha fatto l’offerta! Oppure perché non vuole che si possano nominare altri defunti insieme ai suoi…
Quando facciamo l’offerta dobbiamo essere consapevoli che non si acquista un diritto alla celebrazione o al ricordo esclusivo del proprio defunto. E ancor meno dobbiamo pensare che Dio sia in qualche modo «condizionato» o spinto a distribuire i suoi doni a favore di chi fa l’offerta.
Credo che così facendo compiamo un oltraggio alla santità di Dio e al senso stesso dell’Eucaristia. Occorre evitare ogni interpretazione mercantile e considerare l’offerta come una forma di partecipazione alle necessità della Chiesa[1] e non di proprietà sulla celebrazione. Sarebbe gravissimo se questa pratica dell’offerta per la messa facesse dimenticare che ogni Eucaristia è celebrata per il mondo intero, conformemente al pensiero di Cristo, che ha donato il suo Corpo e il suo Sangue «per voi e per tutti».
L’Eucaristia, come ogni sacramento, non ha prezzo: è la gratuità infinita del dono di Dio che abbraccia tutti. In questa gratuità viviamo la comunione con i defunti, con tutti i defunti.
Sappiamo bene che la comunione con i nostri cari ad oggi è imperfetta, affiorano in noi i ricordi, i sentimenti si fanno intensi, il dolore è ancora vivo, siamo come coloro che stanno sulla riva ad osservare la nave che apre le vele per partire. È la nave dei nostri cari che ci precedono. Mentre osserviamo la nave che salpa e va, fino a che non svanisce all’orizzonte, la voce triste di qualcuno dice: «È andata». Dov’è andata? Non sappiamo, è sparita dalla nostra vista. Questo sappiamo. Abbiamo ancora in mente i suoi alberi, le sue vele… essa è ancora grande e bella nel nostro ricordo… Ma mentre qualcuno da questa parte dice: «È andata», ci sono altri che dall’altra riva stanno scrutando il suo arrivo e un’altra voce che dice: «Eccola che arriva!».
Con questa speranza ricordiamo i nomi dei defunti che in quest’anno ci hanno lasciato, ma con loro ricordiamo anche i nostri cari, i genitori, i nonni, i figli… fino ad abbracciare tutti coloro che non hanno qualcuno che preghi per loro. Nella preghiera viviamo la comunione con tutti i defunti, la comunione possibile nel Risorto.
[1] «È nella costante tradizione della chiesa che i fedeli, spinti dal loro senso religioso ed ecclesiale, vogliano unire, per una più attiva partecipazione alla celebrazione eucaristica, un loro personale concorso, contribuendo così alle necessità della chiesa, e particolarmente alla sostentazione dei suoi ministri» (Beato Paolo VI, “Firma in traditione”).