III DI PASQUA - Gv 8, 12-19


audio 1 mag 2022

Ascoltando la parola di Gesù: Io sono la luce del mondo, ho pensato: quante tenebre intorno a noi! Quanto abbiamo bisogno di una luce, di un faro di speranza in questo momento.

A distanza di duemila anni dalla risurrezione di Cristo, le tenebre della violenza, della guerra, dell’odio e della morte sembrano prevalere.

Abbiamo ascoltato di come lo stesso Paolo, fin dagli inizi abbia fatto su di sé l’esperienza, come ci ha raccontato nelle due letture del libro degli Atti e della lettera ai cristiani che erano a Roma, del carcere, dove vive la condizione di tenebra. Non solo perché le prigioni erano buie, scavate nelle profondità dei palazzi di governo… ma anche perché non poteva sapere come sarebbe andata a finire, il buio riguardava anche il suo futuro.

Ascoltando il rapporto dell’associazione Antigone sulle condizioni del sistema penitenziario nel nostro Paese, mi ha fatto pensare questo dato drammatico: in Italia cinque detenuti al mese si tolgono la vita in cella.

Quando uno giunge a un gesto così disperato ha il buio dentro, vuol dire che la morte abita già nel suo cuore e nessuno lo ha aiutato a trovare anche una sottile lama di luce capace di squarciare quelle tenebre che lo avvolgevano da tutte le parti.

Oggi, primo maggio, viene da pensare a un’altra forma di oscurità e di tenebra che ci viene da un dato drammatico che riguarda tutte le persone che perdono la vita lavorando: è inaccettabile che da fonte di vita e di dignità il posto di lavoro diventi un luogo di morte. Dove sta la tenebra, certo nella loro morte, ma ancor prima da parte di chi doveva tutelare il lavoratore, nell’aver messo il denaro e il guadagno in cima a tutto, e così facendo abbiamo smarrito il senso e il rispetto del valore della vita umana.

Per non pensare a tutta quella gente senza diritti umani, come succede in tanti Paesi nel mondo. È l’oscurità del male che dilaga e sembra avere il sopravvento.

D’altronde non ci sarebbero oggi nel mondo un centinaio di guerre. Anche perché dentro queste tenebre scopriamo esserci oscurità ancora più malvage: violenze, stupri, esecuzioni di civili… come succede nella guerra d’invasione della Russia in Ucraina.

Siamo avvolti dalle brutture di morte, di egoismi, di miopie, di calcoli spietati di interessi. Mi ha colpito la domanda che un carcerato mi ha fatto ieri a san Vittore, dove stavamo parlando della colpa e del senso di colpa. La domanda diceva così: ma secondo te la natura dell’uomo è buona o malvagia?

Probabilmente sta riflettendo su di sé, sul proprio essere in quella condizione, conseguenza di gesti di violenza e di morte, per cercare di aggrapparsi a qualcosa che preceda la nostra libertà. Come se il male fosse imputabile non alle nostre scelte e decisioni, ma a qualche forza oscura fuori di noi.

Non so rispondere in senso assoluto. Però credo che tutti noi verifichiamo che il diavolo ce l’abbiamo dentro, che nella nostra libertà possiamo tradire il dono di Dio. Perché se siamo umani è un dono che è affidato alla nostra responsabilità.

Don Primo Mazzolari nella celebre omelia del giovedì santo del 1958 (3 aprile) arrivò a definire Giuda, nostro fratello, nel senso che tutti possiamo decidere, scegliere davanti a Cristo da che parte stare. Tutti possiamo tradire, possiamo rinnegare.

E oggi io non mi vergogno di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di noi debba vergognarsi di lui. E chiamando Giuda nostro fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore.

Perché quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, Gesù gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: «Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo!».

Gesù lo chiama ‘amico’!

Perché noi come Giuda, possiamo tradire l’amicizia del Cristo, ma Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici; anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche quando lo neghiamo, davanti ai suoi occhi e al suo cuore, noi siamo sempre i suoi amici.

Giuda è un amico del Signore anche nel momento in cui, baciandolo, consuma il tradimento del Maestro.

Ad un certo momento ecco, è venuto fuori il male, di dove è venuto fuori? Chi ce l’ha insegnato? Chi ci ha corrotto? Chi ci ha tolto l’innocenza? Chi ci ha tolto la fede? Chi ci ha tolto la capacità di credere nel bene, di amare il bene, di accettare il dovere, di affrontare la vita come un dono?

Non sappiamo rispondere, ma c’è una certezza: l’amicizia di Cristo è la luce che squarcia le tenebre, è la luce che apre nell’oscurità del male una sottile speranza.

Chi segue me non cammina nelle tenebre. Gesù non ci chiede gesti eroici. Non ci domanda esibizioni straordinarie… ma di stare dietro a lui.

E questa è la decisione che ci compete. Decidiamo noi a chi vogliamo stare dietro. Una decisione che non si fa una volta per tutte e poi si va in automatico, perché comporta camminare passo dopo passo dietro a lui.

Cominciamo a chiamare ‘amici’ anche chi non ci ama, anche chi ci ha fatto disperare, anche chi addirittura ci ha tradito! Se vogliamo seguire Cristo e tagliare il muro di oscurità che avvolge il mondo con una lama di luce, questo dobbiamo essere, così dobbiamo fare.

Dove va il mondo? Dove sta andando l’umanità? Finché abbiamo la luce del vangelo davanti a noi, possiamo sperare. Seguiamo questa luce, squarciamo le tenebre delle nostre giornate con gesti luminosi di attenzione, di cura, di bellezza. Gesù non ha fatto grandi discorsi sulle origini del male, sul senso del male… si è sempre opposto a quella sorta di mentalità diffusa che vuole la rassegnazione e la stanchezza con gesti forti di cura, di ascolto e di tenerezza verso le persone.

Perfino nel momento della sua cattura ha parole di affetto: ‘amico’. Come squarciare le tenebre del tradimento, dell’odio, della violenza? Con la luce dell’amore.

Ah se la nostra chiesa imparasse da Giuda e da Pietro! Capite 2 su 12 hanno in qualche modo non corrisposto all’amore di Cristo. Uno lo ha tradito e l’altro lo ha rinnegato. Pensate il papa che rinnega Gesù!

Eppure il Signore non smette di amarli. La chiesa è questa fraternità di Giuda e di Pietro, una fraternità di disperati che sono stati amati e che sono ancora amati, nonostante tutto. Di questa luce ha bisogno il mondo.

(At 28,16-28; Rm  1,1-16; Gv 8, 12-19)