I DOPO LA DEDICAZIONE - Domenica del mandato missionario - Mt 28, 16-20


Ascoltiamole bene, ascoltiamole con attenzione perché queste parabole non ci possono fare l’effetto di un tranquillante, tutt’altro!

Davvero possiamo dire che il nostro incontro con Cristo è paragonabile all’entusiasmo di un ricercatore di perle che ha finalmente trovato quella più preziosa di tutte?

Davvero la nostra esperienza di fede è simile a chi ha trovato un tesoro al punto da vendere tutto quello che ha perché non c’è nulla che abbia più valore di quel tesoro?

Gesù non lo chiede direttamente così come ho posto io le domande, ma racconta delle parabole capaci di indurre a porcele.

Ora il catechismo che molti di noi hanno studiato iniziava con la domanda: Chi è Dio? E non già chi fosse Dio per me, perché a otto anni non puoi forse dire ancora molto, ma addirittura chi è Dio in assoluto. E la risposta che veniva in qualche modo messa sulla bocca era quella che voleva circoscrivere Dio entro i confini delle idee chiare e precise: Dio è l’essere perfettissimo creatore e Signore del cielo e della terra!

Esattamente come il linguaggio di Gesù?! Ma un Dio così è forse prezioso come un tesoro, è brillante come una perla… al punto che ti viene voglia di abbracciarlo con tutto te stesso? No di certo, tutt’al più ti puoi convincere e illudere di avere di lui una idea chiara in testa.

Ma davvero un Dio così si merita tutto questo investimento?

A questo punto la nostra razionalità si infrange come le onde del mare sulle scogliere delle parabole di Cristo e ti metti in gioco in prima persona, perché se ti fidi del Dio di Gesù, se decidi di seguirlo perché ti ha coinvolto nel costruire un regno che è altro dai regni mondani, un regno che è amore, misericordia, giustizia, accoglienza e rispetto… non puoi che abbandonarti a lui con l’entusiasmo e la gioia di chi ha vinto la lotteria! Perdonate il paragone, ma è per rendere l’idea.

Mentre sta lentamente e inesorabilmente tramontando un cristianesimo ingessato, irrigidito e sterile, un cristianesimo nuovo sta germogliando: un cristianesimo della fede libera, leggera e feconda.

Come puoi capire se il tuo tesoro, la tua perla preziosa è il Vangelo di Gesù? Te ne rendi conto quando non puoi più viverne senza. Certo potrebbero bruciare tutte le copie stampate, ma nulla potrebbe sradicare dal mio cuore la parola di Gesù.

Il tesoro è lui, la perla preziosa è Cristo.

Lo diceva già un autore antico, vissuto tra il 306 e il 373 a Nisibis e a Edessa, si chiama Efrem il Siro, proprio perché ha vissuto in quella terra di confine dove oggi il despota turco vuole distruggere il popolo curdo, una terra come già allora città di frontiera…. Ebbene questo predicatore e poeta ha composto cinque inni sulla perla.

Nell’antichità non sapevano della formazione della perla così come la conosciamo noi e che di fatto oggi ne permette anche la coltivazione, ossia che viene formata da una reazione di difesa dell’organismo a un corpo estraneo introdottosi nel mantello di certi molluschi bivalvi detti, più comunemente, ostriche perlifere.

Anticamente si credeva che la perla (μαργαρίτης) si formasse all’interno di un mollusco nel momento in cui la sua conchiglia veniva trapassata da un fulmine caduto dal cielo, provocando così la congiunzione di elementi disparati come il fuoco e l’acqua.

Ora i primi cristiani non fecero fatica a leggere in questa credenza, la metafora per dire di Gesù, del suo essere uomo e Dio, del mistero della sua incarnazione, un modo comunque, come fanno le parabole, per dire e non dire, per spiegare e non spiegare, per mantenere quell’atteggiamento di “apofatismo” che mira a preservare il mistero di Dio dal desiderio umano di rendere circoscrivibile ciò che non lo è, col proposito indiscreto di accedere all’Inaccessibile. Potremmo fare le nostre le parole di Wittgenstein: “Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere”[1].

Quello che per il filosofo austriaco era un invito al silenzio per intere categorie del sapere, potremmo riconoscerlo nei confronti della fede che appunto come insegna Efrem il Siro si dispiega non nelle sottili e razionali disquisizioni, ma nell’abbandono contemplativo dei misteri, proprio come fa un cercatore di perle. Così scrive nel quarto Inno:

Anche chi si tuffa per pescarla

non si mette a esaminare

la sua perla.

Di essa gioisce ogni mercante,

senza domandare da quando era lì.

 

L’entusiasmo e la gioia contrastano con la piccolezza della perla, nell’Inno n.5 scrive:

Sei tu che sei grande nella tua piccolezza,

o perla!

Un’inezia è la tua dimensione

e piccolo il tuo volume insieme al tuo peso.

Ma grande è il tuo splendore!

 

Cos’è il Vangelo se non una piccola e fragile Parola dalle dimensioni irrilevanti all’apparenza, eppure la vita del Cristo è preziosa come un tesoro da abbracciare!

Non solo, ma se Cristo è la perla e il suo Vangelo è il tesoro… non potremo mai dire di possederlo una volta per tutte, ma siamo nella condizione di continuare la ricerca di quel tesoro e di quella perla che continuano ad essere nascosti nelle trame della storia umana.

Pensando a Efrem il Siro e al suo poema sulla perla, ho collegato la preziosità del popolo curdo che soffre indicibilmente in quella stessa terra e ho pensato alla nostra indifferenza. Per non parlare dell’ipocrisia di chi annuncia sanzioni contro l’invasore, ma che non saranno effettive subito… o dell’ignavia con cui il segretario generale della Nato chiede alla Turchia di essere moderata nel suo intervento!

Ma io mi vergogno perché non posso celebrare qui il tesoro prezioso dell’amore di Cristo, non posso custodire la perla del suo amore ed essere indifferente di fronte alle ingiustizie e alle violenze. E allora stante il silenzio delle cancellerie europee… l’opinione pubblica deve farsi sentire. Alziamo la voce, alziamo la voce, facciamoci sentire: basta vendere armi a questi dittatori, libertà al popolo curdo, dignità alle donne e ai bambini curdi!

In un continente come il nostro, oltre la debolezza politica, dobbiamo anche riconoscere che secoli di evangelizzazione non sono riusciti a scalfire il primato del denaro: è questo il tesoro che interessa! Non a caso il primato del commercio nel mondo è detenuto dalla vendita delle armi seguito dal traffico di droga, ecco dove sta il vero tesoro per l’umanità!

È il denaro che anima gli interessi e le politiche e forse questa non è nemmeno una novità, il problema è che noi siamo rassegnati, siamo ormai resi indifferenti a questo stato di cose. E c’è più entusiasmo e coraggio proprio in coloro che in questo momento stanno pagando il prezzo più alto della nostra ignavia. Se andiamo a studiare e a leggere ci rendiamo conto che i curdi non sono solo le coraggiose donne guerriere dell’YPJ, loro sono l’espressione di una visione del mondo e dell’umanità che ci dovrebbe essere cara.

I curdi sono il Rojava, sono l’idea che i popoli possano autodeterminarsi ed autodefinirsi andando oltre il concetto di “Stato/Nazione”.

I curdi sono per la parità dei generi, sono per la pacifica convivenza tra le religioni, sono per un’idea di comunità che, forse, è ciò che di più vicino all’utopia si sia mai messo in pratica nella storia recente.

Il popolo curdo è quello che ha cacciato l’Isis combattendo isolato per isolato, palazzo per palazzo, appartamento per appartamento.
Donne, uomini, sunniti, sciiti, yazidi, iracheni, turchi e siriani, tutti assieme. Senza distinzioni.

La loro esperienza è lì a dimostrarci che non è un confine a fare un popolo, che non è una linea tracciata su un atlante a costruire un’identità.

Forse è per questo che i curdi spaventano così tanto i nazionalisti: perché dimostrano che l’autodeterminazione e la condivisione nel rispetto delle diversità possono rappresentare effettivamente i valori fondanti e fondamentali di una società futura. Ma non erano queste le parole visionarie di Isaia?

Eppure li stanno abbandonando tutti.
Fanno paura perché sono liberi, nessuno Stato, nessun Califfato, nessun grado, nessuna gerarchia, nessuna differenza di sesso, razza, lingua, cultura, religione.

E se fosse lì il tesoro e se fosse custodita lì la perla preziosa che noi ci siamo stancati di cercare e che crediamo con presunzione di possedere?

Il tesoro è sempre nascosto, la perla è sempre nelle profondità della vita… non sono mai semplici evidenze, come dire che quel Cristo che noi crediamo di “possedere” in realtà non dobbiamo mai finire di cercare, non possiamo mai finire di tuffarci nelle profondità di quello che accade per incontrare la perla preziosa.

(Is 66,18-23; Mt 13, 44-52)

[1]  Cf. il suo “Tractatus logico-philosophicus”.