IV DEL TEMPO ORDINARIO - Mt 5, 1-12


(Sof  2, 3; 3,12-13; Mt 5, 1-12a)

Non sappiamo se tra coloro che erano saliti sul monte ad ascoltare le parole di Gesù ci fossero anche dei poveri o dei perseguitati, persone che avevano di che piangere o di che chiedere giustizia … Ma soprattutto non ci è dato di sapere se costoro una volta scesi con Gesù abbiano sorriso alla vita e si siano sentiti davvero beati!

Certo è che chi era lì ad ascoltare ha lasciato che il discorso del Signore si scolpisse nel cuore, così che anche a noi sia dato di sperimentare davvero che il regno di Dio è vicino, come diceva Gesù nel vangelo di domenica scorsa.

Il linguaggio di Gesù è paradossale perché, nel nostro modo comune di intendere, la povertà, la mitezza, l’ingiustizia, la purezza, la ricerca della pace … sono tutte condizioni difficili e dolorose per chi le vive, eppure, scorrendo attentamente il testo, ci rendiamo conto che ad ognuna delle otto beatitudini Gesù non accompagna una promessa di cambiamento della situazione o di cose che possano dare speranza.

Il Signore dicendo: voi poveri, voi disperati, voi semplici avete il regno dei cieli, sarete consolati, avrete in eredità la terra, troverete misericordia e giustizia, sarete figli di Dio … dice una cosa sola: siete in comunione con Dio.

Le Beatitudini non sono la promessa di interventi miracolosi, tant’è che il Signore non ha cambiato nemmeno la sua di situazione, anzi Gesù non promette premi fedeltà o altre ricompense …  quello che gli sta a cuore è annunciare che il povero è in Dio, che il mite è in comunione con lui, che l’affamato di giustizia è in unione con l’Eterno, che il puro di cuore ha occhi per vedere invisibile … ciò che il Signore promette e dona altro non è che un legame con lui, la comunione con lui.

Certo che non considero una beatitudine l’esito infausto che mi viene dato dal medico dopo un esame istologico!

Così come non è una beatitudine per due genitori la comunicazione della sindrome down del figlio appena nato!

Né comprendiamo il senso di andare a dire ai cristiani perseguitati: ma voi siete beati!

Ma il Signore ama il povero, l’umile, il mite, l’affamato di giustizia, il puro di cuore, l’operatore di pace, tant’è che anche Gesù è stato così: povero, mite, misericordioso, anch’egli ha pianto, e anche se ingiustamente perseguitato, ha affrontato la morte con parole di perdono.

Questo perché ciascuno di noi impari da Gesù cosa significhi essere felici nella povertà, nel pianto, nella mitezza, nelle condizioni che la vita ci fa incontrare e che facciamo fatica ad accettare. Per ciascuno di noi è possibile vivere quella beatitudine che la vita ci domanda di accogliere oggi, in questo momento, rimanendo uniti a lui, al Cristo, stando in comunione con lui. E lo possiamo imparare a partire da una semplice domanda che ci accompagna nelle varie situazioni della vita: Cosa farebbe il Signore in questa condizione?

Direbbe il profeta Sofonia: Cercate il Signore, poveri della terra! Perché questo appello? Sofonia è cosciente che il suo popolo attraversa un tempo di decadenza e di tristezza e riconosce che certamente ognuno ne è corresponsabile, ma non usa parole di velluto per indicare i veri responsabili che sono le autorità civili e religiose, i ministri e i notabili, i sacerdoti e i loro accoliti.

Il profeta Sofonia grida “Cercate il Signore” a un Israele immerso nel letargo politico, sociale e religioso – un po’ come noi – quasi un estremo appello alla fedeltà, pur sapendo che saranno in pochi ad ascoltarlo. Ma sarà proprio da quel resto d’Israele che l’Eterno farà nascere una nuova umanità, un popolo umile e povero capace di realizzare il grande disegno d’amore che Dio vuole costruire con l’uomo sulla terra.

Cercate il Signore, perché l’alternativa è cercare se stessi e quando si cerca se stessi succede quello che vediamo ogni giorno sotto i nostri occhi, ovvero continuiamo a scrivere pagine e pagine di “contro beatitudini” per cui sono beati i ricchi perché sempre più furbi nel fare denaro senza guardare in faccia a nessuno.

Sono beati gli arroganti e i presuntuosi, perché la vita gli sorride sempre.

Sono beati quelli che hanno elevato la menzogna a sistema, perché non hanno nessuna fame di giustizia.

Sono beati quelli che si possono permettere tutto e possono soddisfare i propri capricci, perché si sentono i padroni della terra.

Sono beati gli ipocriti che dicono una cosa di giorno e ne fanno altre di notte, perché vengono considerati e stimati da tanti. E potremmo continuare … Ma non è questo che ci scandalizza, perché l’uomo è fatto così, tutti sappiamo di che cosa può essere capace l’animo umano e come questo sia più contagioso e anche invidiato.

Il dramma è l’indifferenza di coloro che dovrebbero fare delle Beatitudini un programma di vita, di quei discepoli che seguendo le orme del loro Maestro, dovrebbero abitare la terra e la storia con i tratti del rispetto, dell’onestà, della mitezza e della fame di giustizia e invece non cercano più il Signore, come diceva Sofonia, ma cercano se stessi, cercano il consenso, e tornano così ad essere schiavi.

Paolo, scrivendo ai Corinzi, scrive anche a noi perché abbiamo a non dimenticare la nostra chiamata! Ed è una chiamata a cercare il Signore lì dove Gesù ce lo ha indicato nelle beatitudini, una chiamata che consiste nel seguire ed esaltare ciò che nel mondo è stolto, ciò che nel mondo è debole e disprezzato, perché l’uomo nell’abbondanza non comprende e diventa facilmente superficiale.

Una chiamata che chiede alla Chiesa di alzare lo sguardo e di puntare in alto verso il monte delle beatitudini per non rimanere impantanata nel fango e nella melma del “così fan tutti”, delle mediazioni umane e mondane, e sappia scuotere la falsa pace delle coscienze.

Concludo con un passo di don Milani, è tratto da una lettera a un amico prete. Ve lo leggo integralmente, parolacce incluse: Ecco l’unica cosa decente che ci resta da fare: stare in alto, mirare in alto (per noi e per gli altri) e sfottere crudelmente non chi è in basso, ma chi mira in basso.

(Ecco il male di oggi, ci siamo un po’ tutti rassegnati, abbiamo abbassato la meta). Rinfacciargli ogni giorno la sua vuotezza, la sua miseria, la sua inutilità, la sua incoerenza.

Stare sui coglioni a tutti come lo sono stati i profeti, innanzi e dopo Cristo.

Rendersi antipatici, noiosi insopportabili a tutti quelli che non vogliono aprire gli occhi sulla luce.

Allora saremo beati.