CIRCONCISIONE DEL SIGNORE - Lc 2, 18-21


Negli atteggiamenti descritti da Luca propri della gente, di Maria e dei pastori, possiamo ritrovare i nostri di fronte al nuovo anno che andiamo iniziando. Della gente, Luca scrive che tutti quelli che udivano si stupirono…. Di Maria dice che custodiva queste cose meditandole nel suo cuore. Infine dei pastori afferma che glorificavano e lodavano Dio.

Della gente, anzitutto si dice che si meravigliava, era stupita. Il verbo greco ricorre una trentina di volte nei vangeli, ma quasi la metà di esse solo in Luca. Dalla nascita fino alla risurrezione la vita e le opere di Gesù suscitano meraviglia. Ci si meraviglia della predicazione di Gesù a Nazaret (4,22), dei singoli miracoli (8, 25; 11, 14) e di tutta l’attività di Gesù (9,43).

Ma ancora questo atteggiamento non si identifica con la fede: «Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?» (4,22); dopo la guarigione di un indemoniato:  «E tutti restavano stupiti di fronte alla grandezza di Dio» (9,43). Non è ancora fede, ma lo stupore apre la mente e il cuore a poter accogliere la novità, l’inedito che irrompe nella vita, è un po’ la premessa per accedere alla fede in Gesù.

Credo che quando finalmente passeremo da una fede triste fatta di abitudini, di consuetudini, di regole e di istituzioni e succede che ognuno di noi prendendo in mano il Vangelo possa meravigliarsi e stupirsi delle cose dette e fatte da Gesù. Non è esattamente questo un atteggiamento diffuso oggi, anzi molti oggi guardano alla fede con noia, stanchezza, come si guarda un vecchio monumento. È solo l’incontro con Gesù che ancora può stupire i nostri contemporanei e farli innamorare delle sue parole!

Poi abbiamo l’atteggiamento della giovane mamma Maria che immaginiamo contenta per il suo bambino, ma anche frastornata dagli eventi, ed è interessante come Luca descriva il suo modo di vivere tutto questo e lo indica con due verbi: custodiva (lett. serbava in memoria) e meditava (lett. metteva insieme, cercava il senso di tutto quello che andava accadendo).

Maria entra in profondità, non si lascia distrarre dall’incalzare degli eventi, ma sa mantenere un livello profondo di interiorità, di riflessione, di meditazione cercando di mettere insieme le cose, che è un atteggiamento razionale importante. Accade qualcosa più grande di lei che la rende Madre di un bambino particolare, ma lei non rinuncia al suo pensare, al suo riflettere, anzi cerca momenti e tempi in cui, tra le incombenze richieste da un neonato, tra una poppata e l’altra, analizza, soppesa, scruta dentro le cose nel suo stesso cuore, nella sua coscienza.

Ecco una cosa chiedo al Signore per me e per tutti noi tirati di qua e di là dalle mille cose della vita ed è quella di avere anche noi momenti di silenzio, di interiorità, di riflessione. Perché anche noi possiamo cercare il nesso tra i vari accadimenti della vita, possiamo coniugare razionalità e fede, spiritualità e senso di realtà.

Infine Luca ci parla dei pastori, ignari destinatari di un annuncio sorprendente dal cui cuore scaturisce la lode a Dio. Anzitutto ci domandiamo perché proprio i pastori? E non gli agricoltori, i fabbri, i falegnami? Perché non i rabbini o i sacerdoti e i leviti del tempio? Non perché ci sia un mestiere migliore di un altro, forse perché sono immagine di un’attività che meglio di altre esprime la missione di Gesù, che è quella di prendersi cura della nostra umanità, di guidarla, di nutrirla, di accompagnare e sostenere i piccoli, di stare al passo delle pecore madri e di difendere il gregge dai lupi.

E come il Signore difende il suo gregge dai lupi, dai predatori, dai violenti  e dai malvagi? E qui entriamo in un tema caro alla giornata di oggi, perché papa Francesco ha voluto offrire per questa 50a giornata mondiale di preghiera per la pace una riflessione forte sulla nonviolenza come stile di una politica per la pace. Papa Francesco, a 50 anni dal primo messaggio di Paolo VI, ricorda  che veniamo da un secolo devastato da due guerre mondiali, ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e conosciamo oggi un gran numero di altri conflitti, al punto che siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi che reca benefici solo a pochi “signori della guerra” (il commercio di armi USA ha raggiunto un fatturato di 40 miliardi di dollari).

Ebbene, scrive papa Francesco, anche Gesù visse in tempi di violenza, ma ha insegnato che il vero campo di battaglia in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano. Gesù ha tracciato la via della nonviolenza che ha percorso poi fino alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha indicato la via della pace.

Gesù non ha costruito muri e recinti, mentre dobbiamo sapere che il 2016 è l’anno in cui si sono visti costruire più muri nella storia dell’umanità…ma sappiamo, come dice Calvino, quello che lasciamo fuori ogni volta che costruiamo un muro?

Uno stile non violento non è affatto sinonimo di debolezza e di passività, infatti papa Francesco parla di nonviolenza attiva, perché presuppone una forza d’animo e un coraggio e capacità di affrontare le questioni e i conflitti con onestà intellettuale, cercando veramente il bene comune prima e più di ogni interesse di parte sia ideologico, sia economico, sia politico.

Ed è “cosa buona e giusta” che il Papa nel documento rimandi ad alcune figure storiche della nonviolenza politica: Gandhi, Martin Luther King, e anche Abdul Khan, il cosiddetto ‘Gandhi’ musulmano che organizzò un corpo di volontari della nonviolenza, un vero e proprio esercito per la pace costituito da diecimila e più persone.

Proposte di figure che possono sembrare un anacronismo in un quadro come il nostro scosso da attentati terroristici sanguinosi come quello di Berlino, ma la nonviolenza attiva è un modo per mostrare che davvero l’unità è più potente e feconda del conflitto.

Tra l’altro, e non è solo un’osservazione stilistica, per la prima volta in un documento ufficiale Vaticano leggiamo il termine ‘nonviolenza’ scritto giustamente come una parola unica, così come voleva il fondatore del movimento, Aldo Capitini, per dare il senso di una proposta costruttiva, in positivo e non solo come rinuncia alla violenza fisica.

La nonviolenza è stata a lungo vista come virtù personale – e certamente lo è, come ribadisce papa Francesco in questo messaggio, perché tutto comincia dal cuore – ma estranea alla politica.

La cultura della pace dell’ultimo secolo compie proprio il passaggio dalla mitezza privata alla nonviolenza attiva come carattere della politica giusta. E papa Francesco si pone esattamente in questa evoluzione di cultura e di etica politica, con l’indicare la nonviolenza come “stile” di una politica che lavori per la pace, per l’umanizzazione, per il bene comune e per la stessa sopravvivenza dell’umanità.

Gesù di Nazareth è un vero precursore dei leader moderni della nonviolenza. Nel discorso della montagna sulla vera felicità, nell’amore per gli ultimi e l’indipendenza dai potenti, nel coraggio con cui morì per amore fedele alla verità e all’umanità, difendendosi unicamente con gesti e parole di verità, Gesù ha lottato contro il male con la pura forza dell’amore, come ricorda Paolo scrivendo ai cristiani di Filippi.

È di grande importanza che il pensiero cristiano, dopo un lungo tempo di spiritualismo rassegnato alla violenza del mondo, ritrovi proprio nel suo Maestro lo spirito di amore forte e resistente contro il male, senza concessioni alla fatalità della violenza in un mondo irrimediabilmente malvagio.

Citando Madre Teresa il papa afferma che i potenti della terra, devono «riconoscere le loro colpe dinanzi ai crimini della povertà creata da loro stessi» (n. 4). C’è una violenza statica esercitata delle enormi diseguaglianze che causano povertà e offesa. A questa violenza economica sistemica è giusto opporsi con metodi e mezzi nonviolenti.

In questo impegno inventivo e costruttivo lavorano, con una miriade di esperienze molecolari non clamorose, i movimenti nonviolenti di base. Purtroppo sappiamo come l’informazione non faccia conoscere queste esperienze e così per molti non si dà altra via d’uscita che quella della violenza.

Vi invito a fare nostro l’appello di papa Francesco: «Nel 2017, impegniamoci, con la preghiera e con l’azione, a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, e a costruire comunità nonviolente, che si prendono cura della casa comune». Perché, come diceva ad Assisi «Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace».

(Nm 6, 22-27; Fil 2, 5-11; Lc 2, 18-21)