I DOPO L’EPIFANIA - Battesimo del Signore - Mc 1, 7-11
Abbiamo appena celebrato la festa dell’Epifania che agli occhi del consumatore dovrebbe portarsi via tutte le feste per dare inizio ai saldi… ma ciò che archivia sono gli addobbi delle feste, perché in realtà siamo all’inizio di una serie di epifanie del Cristo.
La liturgia antica, quella che la chiesa ortodossa continua a custodire, raccoglieva in un’unica celebrazione la venuta di Gesù mettendo insieme la visita dei Magi, il battesimo al Giordano e il segno di Cana di Galilea.
La liturgia cattolica invece ha preferito frammentare e distribuire le varie epifanie nelle domeniche successive. Infatti, ieri la parola di Dio ci invitava ad alzare gli occhi e a vedere nel bambino di Betlemme il re dei giudei, un re che non ha sete di potere, che non si mette a gareggiare con Erode… che ha un modo di regnare divino.
Oggi assistiamo all’epifania di quel bambino diventato ormai trentenne e che va dal Battista si mette in fila con la gente e si immerge nel fiume Giordano. Luca nel passo parallelo di Marco scrive che c’è un popolo, anzi esagerando dice che tutto il popolo, ovvero una marea di gente, vuole battezzarsi nel fiume!
Non intendiamo subito il battesimo nel senso a noi più famigliare, quello sacramentale, domandiamoci piuttosto quale significato potesse avere per la gente che andava dal Battista il farsi immergere nelle acque del Giordano. Cosa voleva dire per loro fare questa immersione?
In quegli anni gli esseni facevano abluzioni e bagni, battesimi e immersioni tutti i giorni, anche più volte al giorno, quasi ossessionati dalla purità rituale. Ma questi erano un gruppo, un’élite. La gente comune cercava disperatamente di liberarsi dal senso di colpa per non aver osservato la Legge. Era normale considerare che il male che andava accadendo era dovuto ai peccati, alle trasgressioni… vedi la violenza delle legioni romane, vedi la pressione morale alle regole e alle leggi dei sacerdoti e degli scribi… Probabilmente c’era tra la gente anche qualcuno che non ne poteva più del potere soverchiante degli anziani, un potere che congelava tutto nel “si è sempre fatto così”. Per anziani non intendiamo le persone di una certa età, ma allora gli anziani erano i capi clan, quelli che dettavano le consuetudini e mantenevano le condizioni per vendere e comprare, per sposarsi e metter su casa… Nulla si poteva fare senza il loro consenso.
Insomma gente semplice, quel popolo che accorre al Giordano, gente che pensa di trovare nel Battista un riferimento, una guida, una liberazione! Ebbene è con questa gente che anche Gesù si mette in fila.
Tronare al Giordano era un segno potente: la gente sapeva bene che il fatto di attraversare il fiume era come un sacramento del passaggio più antico delle tribù guidate da Mosè attraverso il mar Rosso, passaggio che per chi li aveva preceduti aveva segnato un cambiamento decisivo, quello dalla schiavitù alla libertà. Era un po’ come identificarsi con quegli schiavi dei loro antenati che erano stati liberati dall’intervento dell’Eterno.
Immergersi nel Giordano era altresì il sacramento del passaggio fatto da Giosuè dopo il cammino faticoso e duro nel deserto alla terra della libertà. Le tribù uscite dall’Egitto avevano sperimentato come non fosse bastato eliminare il faraone per diventare liberi: c’era tutto un percorso da compiere della durata di quarant’anni per arrivare a gustare la libertà. E questo percorso era stato possibile grazie all’osservanza della Torah, della Legge, di quelli che noi chiamiamo i Dieci comandamenti.
Andare sulle rive del Giordano significava dunque almeno due cose: chiedere a Dio di rinnovare la liberazione, come se improvvisamente aprendosi il fiume e sotto la guida del Battista ci si trovasse in una condizione nuova, magicamente liberati dalla paura e dalla oppressione.
E poi significava anche il rinnovo da parte del popolo della fedeltà ai comandamenti, alla Legge che era stata indubbiamente disattesa e trasgredita! Immergendosi nelle acque si veniva in modo rituale purificati e a questo doveva fare seguito l’impegno etico e morale della conversione.
Ora Gesù compiendo come primo gesto pubblico quello di mettersi in fila insieme al popolo e di immergersi nelle acque, dice da che parte sta l’Eterno, da che parte sta Dio! la sua è una chiara scelta di campo. Da che parte sta? Sta dalla parte del popolo. Si fa carico delle attese, delle speranze, dei desideri di chi sta male, chi sta peggio, di chi è oppresso.
Gesù poteva starsene a casa sua a studiare un programma a tavolino delle cose che andavano fatte e a scegliere gli uomini migliori adatti a fare i cambiamenti necessari… Invece ha scelto di stare in mezzo ai deboli, ai poveri, ha condiviso la loro fragilità, s’è messo al loro fianco e ha condiviso la paura, il senso di colpa, il timore di essere giudicati e esclusi e a costoro annuncerà la tenerezza del Padre che è misericordia e che è amore.
Ecco il primo significato di questa epifania, di questa apparizione: Gesù mettendosi in fila rivela la fedeltà di Dio, Gesù manifesta il volto e la volontà del Padre, il quale non fa mancare la sua condiscendenza nei confronti del Figlio, anzi gli piace proprio questo modo di fare perché è questa la strada della liberazione, della salvezza, della vita.
E poi la seconda cosa che accade quando Gesù esce dal Giordano è descritta così da Marco: Vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba.
Qui abbiamo lo spartiacque, la differenza che possiamo notare leggendo la storia prima di Cristo e dopo Cristo: l’uscita dall’acqua segnava la liberazione, ora Gesù uscendo dall’acqua riceve lo Spirito santo perché l’uomo nuovo cui Gesù dà inizio è colui che non agisce più in obbedienza a una legge, a una norma esteriore. Quello era il battesimo del Battista. Immergendosi con Cristo, l’uomo si abbandona all’ispirazione dello Spirito santo, presente e operoso in lui. Interiormente, nel cuore trova le grandi leggi della vita e le adempie non per una coercizione esteriore, ma per mutazione interiore operata in lui dalla vita del Figlio di Dio: Gesù Cristo.
La coercizione sopravvissuta nella cristianità è la continuazione di un modo di essere prima del Cristo! Giovanni battezza con l’acqua della legge, Cristo inonda l’uomo con lo Spirito santo, con il dono interiore che rende liberi.
La differenza non è nella superficialità del allora uno fa’ quello che vuole… Tutt’altro, ma in quello che dice Paolo scrivendo alla comunità di Efeso, ovvero che l’uomo nuovo, abitato dallo Spirito abbatte i muri di separazione e diventa concittadino e familiare di Dio, nessuno più che debba sentirsi straniero o ospite!
Non è proprio quello che stiamo vivendo di questi tempi, non perché siamo cattivi, ma perché c’è molta gente che resa schiava dalla paura, non obbedisce alla voce dello Spirito santo e rimane imprigionata in se stessa. Come diceva in maniera emblematica lo scrittore svizzero Dürrenmatt: Viviamo tutti in un carcere con l’illusione di essere liberi.
Molti vivono in un carcere con l’illusione di essere liberi, mentre in realtà sono schiavi delle voglie, dei capricci, dei vizi, delle paure, di quelle che Spinoza nella sua Etica definiva le passioni tristi. Vivono come spettatori passivi delle proprie esistenze nell’attesa di ricevere conferme attraverso i media, i social. Abitano in un mondo trasformato in spettacolo, perché ogni tiranno ha bisogno di uomini e donne tristi per affermarsi.
Le voglie, i capricci sono le tipiche espressioni degli individui isolati che vivono autoriferiti, autocentrati e quello che al massimo condividono con gli altri sono le stesse passioni tristi. E sono costoro che hanno bisogno di muri, di confini, di separazioni… hanno necessità di costruire barriere per sentirsi migliori, per sentirsi sicuri, la loro è un’identità debole e senza futuro perché si regge sull’umiliazione dell’altro, sulla discriminazione e sull’indifferenza.
Facendo memoria del battesimo di Gesù, rinnoviamo con coraggio il nostro battesimo: non si tratta di tornare a entrare nell’acqua, ma di fare il bagno nella condivisione, nella solidarietà e nella misericordia.
Si tratta di ascoltare il dono dello Spirito santo che è dentro le coscienze di ciascuno di noi e che ci libera dalle prigioni dorate delle nostre illusioni.
(Ef 2,13-22; Mc 1,7-11)