MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO - Lc 2, 16-21
Sono almeno tre i motivi che i vedono riuniti: anzitutto la ricorrenza del primo giorno dell’anno civile, a questo inizio si lega ormai da qualche tempo anche la celebrazione voluta da Paolo VI, della Giornata mondiale di preghiera per la pace, e infine il terzo suggerimento ci viene dalla liturgia cristiana di oggi che ci invita a celebrare Maria quale Madre del figlio di Dio.
Iniziamo dunque un nuovo anno: cambiamo i calendari, cambiamo le agende, ormai l’elettronica ci evita anche questa fatica e fa tutto in automatico, anche se questo ci fa sentire come dentro un meccanismo divorante, una macchina spietata.
Tolstoj nelle sue Confessioni ricorda una favola orientale che ben si adatta a questo pensiero. In questa favola si parla di una persona inseguita da una belva feroce. L’uomo corre e vedendo davanti a sé un pozzo senz’acqua,sta per lasciarsi scivolare dentro, quando sul fondo intravvede un drago dalle fauci spalancate. Il fuggitivo se rimane fuori verrà sbranato, se cade nel pozzo sarà divorato. Allora si aggrappa ai rami di un cespuglio cresciuto sulle pareti del pozzo. Tuttavia quando alza lo sguardo si accorge che il ramo a cui è appeso è rosicchiato da due topi, uno bianco e uno nero. La sua fine dunque è segnata. Ciò non toglie che, mentre è in quelle disperate condizioni, veda del miele sulle foglie dell’arbusto e allunghi la lingua per gustarne qualche stilla, qualche goccia.
Portata all’eccesso la nostra condizione parrebbe molto simile a quella dello sfortunato. Il trascorrere dei giorni e delle notti (i due topi) ci condurrà inevitabilmente a precipitare nelle fauci del drago, tuttavia nel frattempo, ci è dato di gustare, precariamente, una qualche dolcezza. Certo c’è chi può concludere: bene allora godiamocela finché c’è tempo, «carpe diem», secondo una visione banalmente edonistica e individualistica.
La parola di Dio di oggi, in particolare la prima lettura dal libro dei Numeri, ci invita a mettere il tempo, questo nuovo anno che iniziamo, davanti al volto dell’Eterno: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace». Abbiamo tre frasi molto semplici, come in un crescendo (in ebraico il primo verso è composto di tre parole, il secondo cinque, il terzo di sette).
1. Ti benedica il Signore e ti custodisca. Chiediamo al Padre di benedire noi, le nostre famiglie, la sua Chiesa, l’umanità tutta. Che cosa vuole dire: benedire? Vuol dire: desiderare tutto il bene che attendi, felicità, serenità, prosperità. Ti faccia essere contento, diremmo più semplicemente. Nell’esegesi ebraica si legge così questa benedizione: possa l’Eterno benedirti negli averi materiali e proteggerti da chi vorrebbe sottrarteli (Bemidbàr p. 581). Che è un invito ad essere molto concreti e sinceri: di fronte al nuovo anno chiediamo al Signore i beni necessari per vivere, per noi e per la nostra famiglia. Chiediamo il lavoro, la certezza di un impiego per i nostri giovani… In questa benedizione chiediamo dunque giustamente anche la felicità materiale, nel senso di serenità per una vita tranquilla.
Se c’è la felicità e la prosperità, perché anche il secondo verbo: ti custodisca? Se il Signore ti benedice, è ovvio che ti protegge e ti custodisce. La custodia che invochiamo qui è in un altro senso, dopo aver chiesto felicità e prosperità, chiediamo al Padre di essere custoditi dalla presunzione di considerarci artefici della felicità, del successo e del benessere. È necessario che il Signore ci protegga dalla tentazione maligna che si insinua in noi e che ci fa dire: «Sei tu il più grande, sei tu il più bravo, sei tu il migliore, sei tu …».
Nel vangelo troviamo questo stesso verbo riferito all’atteggiamento di Maria, la quale appunto come scrive Luca custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. Dalle parole udite dall’angelo, il giorno dell’annunciazione, fino alle parole udite dai pastori, Maria tiene un profilo basso, “custodisce” queste cose, ritorna lo stesso verbo della benedizione, qui più nel senso del ripetere a se stessa quelle parole che contengono la promessa di Dio, così che non abbia a considerare se stessa l’artefice di tutto, anzi il suo compito è quello di custodirle appunto e di meditarle. Qui il verbo greco è molto più intenso (sunballo) che dice il lavoro interiore di chi cerca di cogliere il legame profondo tra le cose che accadono.
2. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Cosa vuol dire: il Signore faccia risplendere il suo volto? C’è un qualche momento in cui Dio possa non guardarci? Forse sì, quando pecchiamo, quando non facciamo scelte di bene e allora siamo noi ad agire come se Dio non ci vedesse, e l’uomo biblico dice che è come se l’Eterno ci nascondesse il suo volto.
Ma è anche vero che il volto di Dio nessuno lo ha mai visto, perché come dice a Mosé in Es 33, 20: Nessuno può vedere il mio volto e restare vivo. Ora in Gesù abbiamo conosciuto veramente il volto di Dio: «Chi vede me, vede il Padre», risponde il Signore a Filippo nel vangelo di Giovanni (14, 8). Gesù è il volto visibile del Dio invisibile per dire chiaramente qual è l’intenzione dell’Eterno sull’umanità.
Luca nel vangelo di oggi lo esprime con l’imposizione del nome che, otto giorni dopo, viene dato al bambino di Betlemme, il nome di Gesù, un nome che significa: «Dio salva». Realmente il volto di Dio ci è rivelato nel volto umano di un uomo. Ed è questo volto di Gesù che fa grazia, ovvero che ci dona la misericordia, la bontà e la tenerezza di Dio e proprio per questo ci illumina.
Ci dà forza iniziare l’anno con queste parole: Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Nel senso che vogliamo fare in modo che la nostra vita sia posta sempre sotto la luce del volto del Signore e non abbiamo di che vergognarci.
3. Infine la terza invocazione: Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace. Ci siamo resi conto che la benedizione ebraica riletta alla luce del Vangelo assume un andamento trinitario, perché dopo aver invocato il Padre perché ci insegni a custodire e a meditare la sua parola e quello che accade; dopo aver posto il nostro tempo sotto il volto del Figlio, ora invochiamo lo Spirito Santo.
Non affidiamo questo tempo che ci sta dinnanzi ad un destino oscuro, conosciamo il silenzioso lavoro dello Spirito perché come dice Paolo: «Il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace …» (Gal 5, 22). Ed è appunto il dono della pace che chiediamo al Signore per la nostra inquieta umanità. Una pace soprattutto per quei poveri e dimenticati che nel mondo subiscono prevaricazioni, non sono considerati da nessuno, perché anche a loro sia dato di poter gustare anche solo qualche goccia di quel miele che è la pace, come ci diceva il racconto da cui siamo partiti.
Non dovremmo mai dimenticare di partecipare tutti alla stessa condizione di essere aggrappati a quel fragile ramo, questa è la condizione umana che ci accomuna, condividiamo gli uni la precarietà degli altri. Allora forse saremo più disponibili ad usare parole di benedizione nei confronti del prossimo, nelle nostre case e nella nostra comunità. Cominciamo il nuovo anno benedicendo e dicendo l’un l’altro: «Ti benedico, nel senso vero che dico bene di te, parlo bene di te e tu sei benedizione di Dio per me». Vinciamo fin da subito quella tentazione che appartiene alla storia del mondo, di usare parole graffianti e che lasciano ferite a volte insanabili.
Ho iniziato con un racconto e così concludo. Si dice che quando Dio creò il mondo, tutto era bello e tutti vivevano pacificamente. Un giorno il diavolo invidioso graffiò profondamente la terra, creando così burroni e valli che divisero i popoli. La gente si trovò improvvisamente divisa e prese a chiamarsi dalle sponde opposte. Vedendo come le persone si cercavano e piangevano la distanza, Dio inviò loro degli angeli perché con le loro ali facessero da ponte e gli uomini potessero ricostruire le relazioni interrotte.
Che cosa ci riserverà l’anno che viene? Non lo so, a nessuno di noi è dato di saperlo, ed è inutile e sciocco spendere soldi per saperlo, so soltanto che a noi è dato di poter scegliere se continuare a graffiare il mondo oppure essere uomini e donne di benedizione, ovvero angeli di pace.