EPIFANIA DEL SIGNORE - Mt 2, 1-12


(Is 60, 1-6; Mt 2, 1-12)

Potessimo avere anche noi lo sguardo di Matteo capace di vedere il cammino verso la casa di Betlemme di tutti i cercatori di Dio, di guardare alla storia dell’umanità come a un grande pellegrinaggio globale, a una carovana di generazioni e di culture che cercano ciascuno per conto proprio o in comune con altri di decifrare gli ardui e affascinanti confini dell’esistenza!

E per avere uno sguardo come quello evangelico, dobbiamo noi stessi anzitutto non dimenticare di essere anche discendenti di almeno uno dei magi. Anche noi come i magi siamo entrati a far parte del dono fatto da Dio a Israele prima e a tutti i popoli poi, per cui nel cammino di questi pagani ricercatori di Dio è narrato il cammino di fede del non ebreo per incontrare Cristo, che è il nostro cammino di fede.

Quando Isaia, nella prima lettura, invita il popolo a guardare oltre la tenebra che ricopre la terra, oltre la nebbia fitta che avvolge i popoli per saper vedere la luce e la gloria del Signore, chiede alla sua gente occhi per saper vedere oltre le epifanie del male, della violenza, del sopruso e della corruzione che sembrano essere sempre più evidenti, la manifestazione del disegno di Dio: Cammineranno le genti alla tua luce! Gerusalemme, sarai invasa dai dromedari di Madian, che vive nella penisola del Sinai e di Efa (suo figlio) che sale dall’Arabia, ti porteranno oro e incenso le popolazioni che vengono da Saba, dall’attuale Yemen …

Dette così sono parole poetiche, ma pronunciate mentre Gerusalemme viene completamente devastata e la gente viene deportata a Babilonia, dischiudono una capacità profetica che è esattamente il contrario di chi continua a non vedere che epifanie di violenza ed essere così autorizzati ad erigere steccati, muri, confini, quasi a voler delimitare l’agire dell’Eterno.

Quando in realtà nessuno di noi può conoscere cosa realmente si muove nel cuore di un figlio, di una persona cara che magari dicono di non credere più. Nessuno di noi può sapere come Dio per vie a noi sconosciute lavori nel cuore inquieto di un non credente che con onestà porta il peso di tutte le sue perplessità.

I magi sono persone che scrutano il cielo perché sono cercatori di professione, sono astrologhi, sapienti, teologi, e sono l’immagine di tutte quelle persone che scrutano il cielo perché l’uomo che cerca guarda in alto, vuole capire, cerca di trovare un senso, un orizzonte di significato… così essi si interrogano e non accontentandosi delle risposte degli altri, a loro non bastano i libri, allora si mettono in cammino e cercano una intelligenza più profonda della realtà. Nella loro ricerca troviamo alcuni simboli che sono anche quelli che accompagnano il cammino dei credenti di ogni tempo.

Anzitutto sono sospinti da alcune domande che sono le domande di sempre: dov’è Dio? dove abita il senso della vita?

E poi la stella che rappresenta la ragione che li conduce e li guida nella notte. I magi appunto sono le persone pensanti, scienziati, filosofi e teologi che si mettono in movimento guidati dall’intelligenza.

Nel loro cammino poi giungono a Gerusalemme dove viene letta e interpretata la Scrittura, perché non è che la ragione sia una cosa e la fede un’altra. Tutta la ragione cerca il senso, il senso ti porta a Dio, al Dio che si rivela appunto nella storia di un popolo che ha in Gerusalemme il suo centro e nelle Scritture la rivelazione della volontà di Dio.

Ma questi sono elementi fondamentali anche per i sacerdoti di Gerusalemme, per lo stesso Erode… eppure i sacerdoti che conoscono le Scritture restano seduti, Erode non si muove dalla sua fortezza e va in fibrillazione perché percependo quel Bambino come un rivale, sente traballare il trono. Ma davvero Gesù è un rivale di Erode? Davvero Dio è l’antagonista dell’uomo, della sua libertà, della sua ricerca?

Conosciamo tutti il modello narrativo comune nel mondo antico e a tante letterature secondo il quale all’inizio di ogni favola c’è sempre un re che viene a sapere della nascita di un potenziale rivale, di conseguenza cerca di fare di tutto per eliminarlo, ma invano, perché costui si salva in maniera sorprendente. Diventato adulto il rivale riesce a sconfiggere i suoi avversari e prende il posto di colui che aveva cercato di sopprimerlo.

Gesù non sconfigge di lì a qualche anno Erode per salire sul suo trono. L’annuncio della pasqua non dice che adesso Gesù subisce, ma poi si prenderà la rivincita. Matteo all’inizio del suo Vangelo, rileggendo la storia di Gesù alla luce dell’Esodo e della pasqua appunto, racconta la condizione drammatica della libertà, perché è più difficile cercare, è più arduo mettersi in cammino senza conoscere gli imprevisti e le difficoltà, che non stare al sicuro nel palazzo delle proprie certezze. L’opposizione tra Erode e Gesù non è semplicemente quella di due rivali, è la drammatica opposizione che c’era tra il faraone e Mosè, ovvero tra la schiavitù e la liberazione, è la nostra condizione per la quale dobbiamo sempre scegliere tra il metterci in cammino dietro alle Beatitudini o lo stare fermi nel palazzo dell’osservanza della legge. Ma dobbiamo sapere che lo stare fermi rende sicuri e arroganti, non solo, ma anche incapaci di riconoscere il cammino di libertà degli altri, incapaci di vedere l’agire di Dio per vie a noi sconosciute.

La prova di verità del cammino dei magi è la gioia grandissima che provarono quando la stella li porta davanti al Dio Bambino nelle braccia di sua Madre. Dov’è Dio? è presente nell’inquietudine che muove la ricerca, è presente nella ragione che guida, è presente nella Scrittura che ti illumina… ma la prova che sei sulla strada giusta è quando sei felice di inginocchiarti davanti a lui, Dio è presente nella gioia che avverti nel profondo del cuore, perché scopri che Dio ti cercava da sempre! Quando sperimenti questa gioia non puoi fare a meno di donarti. Scrive Matteo i magi si prostrarono e lo adorarono, lett. portarono la mano alla bocca inviando baci! I magi hanno un’intelligenza che li sospinge, ma hanno anche un cuore che ama, perché il cammino di fede impegna l’uomo non solo negli occhi per vedere, ma anche nei piedi per camminare. Non solo nella mente per capire, ma anche nel cuore per amare.

La festa dell’Epifania ci insegna dunque ad avere un cuore e una mente capaci di riconoscere che ancor prima di essere noi a prendere l’iniziativa di cercare Dio, è Lui che per primo cerca l’uomo instancabilmente, è Lui che orienta la strada di ogni uomo e di ogni donna della terra verso l’incontro con Cristo.

L’Epifania è la festa dei popoli, perché a tutti è dato di andare incontro al Signore, e tocca a noi avere cuore e mente capaci di riconoscere il cammino di tanti insieme a noi, il cammino di quelle carovane di umanità che da sempre sono in ricerca.

Chiediamo al Signore di saper coniugare la nostra intelligenza con l’amore, perché l’intuito, lo studio, l’analisi … non ci rendano aridi come era arido il cuore di Erode e dei sacerdoti che vedevano ovunque rivali e nemici, ma sappiamo riconoscere nei cammini diversi delle persone e dei popoli quelle strade che misteriosamente conducono a lui.

E allora anche noi fermiamoci ad adorare questo Dio bambino che ancora non ha detto nulla eppure già nelle braccia a Maria dona una grandissima gioia. Davanti all’epifania di Betlemme anche noi ci inginocchiamo e adoriamo fino a bruciarci gli occhi del cuore (Turoldo).