ULTIMA DOPO L’EPIFANIA detta "del perdono" - Lc 19, 1-10


Pensate che titolo da prima pagina: “Gesù di Nazareth è entrato a casa di un funzionario corrotto” o addirittura: “Il Messia è andato a trovare uno speculatore finanziario”!

Potremmo giudicarla umanamente un’imprudenza la decisione di Gesù di andare in casa di Zaccheo che non era un pubblicano qualsiasi, ma il capo dei pubblicani, l’arci-pubblicano.

Poteva forse fargli un bel discorsetto mentre era per strada, poteva prenderlo in disparte e due parole giuste e sfruttando il senso di colpa di Zaccheo, avrebbe magari ottenuto un bonifico piuttosto generoso!

Ma credo che nemmeno Zaccheo poteva aspettarsi tanto: Gesù di Nazareth si invita a casa sua. C’è una sottile ironia che non percepiamo nella nostra lingua, perché il nome proprio Zaccheo (gr. Ζακχαῖος, ebr. zakkāj), deriva dalla radice zkh significa «innocente, giusto» (cf  2 Mac 10,19).

Che cosa può aspettarsi da Dio uno la cui vita è esattamente il contrario dell’innocenza e della giustizia?

Zaccheo è un uomo ricco, anzi quasi un ricco emblematico. Non è ricco per natura – posto che si possa essere ricchi per natura – ma è ricco per scelta di vita.  È un arci-pubblicano, strutturalmente un ricco iniquo.

E un giorno Gesù aveva dichiarato: «Quanto è difficile per un ricco entrare nel Regno di Dio!» (18 ,24). Ma aveva anche detto che «quello che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio» (18, 27).

Ecco l’impossibile lo abbiamo visto reso possibile: Gesù, il Figlio di Dio entra in casa di un pubblico peccatore, di uno che certamente non poteva accampare davanti lui meriti e pretese.

«Scendi giù da quell’albero, Zaccheo!»: umanissimo Gesù! Non dice: «Scendi subito perché devo convertirti». Ma: «Voglio avere il piacere e l’onore di essere tuo ospite». Gesù accoglie Zaccheo prima della sua conversione.

Non è la conversione che determina la simpatia di Gesù, ma è la previa simpatia di Gesù che provoca la conversione.

Infatti subito i pii, gli uomini religiosi mormorano: «Ma come? Cosa fa? Parla di Dio e della sua giustizia ed entra in casa di un pubblicano?».

La misericordia di Dio è scandalosa, ma è il modo con cui il Signore rigenera la storia umana.

Siamo molto lontani dalla prospettiva di Eugenio Montale, il quale nel Diario del 1971 nella poesia Come Zaccheo condensa la attitudine piuttosto pelagiana di chi pensa che tutto dipenda dai nostri sforzi:

Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro

per vedere il Signore se mai passi.

Ahimè, non sono un rampicante ed anche

stando in punta di piedi non l’ho mai visto.

Da questa prospettiva Montale aveva ragione: oggi le piante di sicomoro sono deserte, eppure di uomini di “piccola statura” come Zaccheo ce ne sono tanti in giro, al punto che stando all’andamento generale che quasi ogni giorno si scopre intorno a noi, ci verrebbe da essere scoraggiati: ci potrà essere un riscatto, un sussulto di moralità, di dignità, di rispetto per questo nostro Paese?

Il miracolo di Zaccheo ci dice che ciò che è impossibile all’uomo è possibile a Dio.

E noi siamo qui a testimoniare che come è vero che il perdono di Dio sovrabbonda nella nostra vita, così può entrare anche nel cuore e nelle case dei più corrotti funzionari, dei più spregiudicati speculatori.

Vogliamo credere ancora al miracolo di Gerico: quando Gesù entra in casa di Zaccheo ne esce la ricchezza, ne esce l’ingiustizia, l’iniquità, il peccato.

Qui non possiamo dire che Gesù abbia scelto il povero.

Non sono coloro che sono già poveri quelli che Gesù sceglie. In verità egli non sceglie nessuno, ma si rivolge a tutti e per tutti è venuto, poiché dinanzi al Padre tutti siamo poveri di salvezza.

Gesù non esige nemmeno da Zaccheo che venda tutto e lo distribuisca ai poveri, che lasci la sua professione per seguirlo, come aveva fatto al pubblicano Levi Matteo.

Il figlio di Abramo che è Zaccheo, nella cui casa il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto, continuerà probabilmente a fare il pubblicano.

Ma dall’incontro con Gesù nasce in lui una riconsiderazione e una ricomposizione dei valori delle cose e quindi anche della propria condizione economica.

C’è stata lungo i secoli una certa spiritualità cristiana che considerava la conversione come un fatto interiore, intimo che lasciava fuori il mondo.

Zaccheo mostra un profondo cambiamento, che non è solo intimo, impegnandosi nell’aiuto ai poveri e nella restituzione ben oltre quello che esigeva la legge giudaica: Zaccheo vuole restituire il 400%!

Qui abbiamo un discepolo che non diventa apostolo, ma che ha capito che per continuare a vivere di quella misericordia che ha ricevuto deve cambiare, deve convertirsi e la conversione comporta il comprendere gli errori commessi per trovare un fondamento su cui poter cominciare a ricostruire la propria vita.

Zaccheo ha compreso che  “la giustizia è la prima via della carità”, come dice Benedetto XVI nella Caritas in veritate (n.6).

Gesù entra in casa, entra nell’economia, entra nella vita sociale, abita la città, la attraversa e si offre all’incontro, si rende accessibile all’uomo, a tutti, anche a quelli che più verosimilmente con il loro modo di vivere immaginiamo siano poco interessati alle cose di Dio e innesca per grazia quel dinamismo di rinnovamento, di speranza di cui abbiamo tanto bisogno.

Prima della comunione ripeteremo le parole della liturgia: “Signore non sono degno che tu entri in casa mia, ma dì soltanto una parola e io sarò salvato” (cf Lc 7, 6-7).

Non vorrei fossero “filastrocche” o parole di falsa umiltà:

Certo che non siamo degni!

Ma tu Signore entra,

vieni in queste case diroccate

che talvolta sono i nostri cuori,

le nostre relazioni,

il nostro modo di usare il denaro

e di lavorare.

E se anche i moderni sicomori vanno deserti

siamo certi, Signore,

che saprai inventare un modo

per toccare il cuore

anche dei peggiori tra gli uomini.

(Sir 8, 11-14; 2 Cor 2, 5-11; Lc 19, 1-10)