ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA - Lc 1, 39-55


(Luca 1, 39-56)

Nel cuore del tempo di vacanza e di riposo, celebriamo la festa dell’assunzione di Maria, una festa molto cara alla tradizione sia occidentale che orientale e risale ai primissimi secoli (l’imperatore Maurizio -682/602- stabilisce questa festa mariana con il titolo di Dormizione) nella quale, come diremo anche noi nel prefazio con le parole del Padri, il Signore non ha voluto che conoscesse la corruzione del sepolcro colei che ha generato il Signore della vita.

L’assunzione di Maria rimane comunque un mistero un po’ silenzioso e velato: i testi biblici vi alludono o lo implicano, ma non ne parlano direttamente.

Nella prima lettura tratta dall’Apocalisse incontriamo la descrizione dello scontro drammatico tra il drago mostruoso e la donna che sta per partorire. È un’immagine eloquente della storia del mondo che si snoda tra la violenza dell’uno e la fragilità dell’altra. Nel drago rosso, e perciò sanguinario, si concentrano tutte le energie violente della storia umana, tutte le prevaricazioni del potere, tutti gli odi e gli egoismi che, come sempre generano conflitti e guerre. Di fronte al drago rosso si erge la forza inerme di una “donna vestita di sole”, una donna debole e provata per il travaglio del parto, che è costretta a fuggire nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.

In quella donna vestita di sole, vediamo la figura di Maria, madre di Gesù, vediamo la figura stessa della Chiesa, come dice il concilio Vaticano II: La Madre di Gesù, come in cielo glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è immagine e inizio della Chiesa che avrà il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e consolazione, fino a quando verrà il giorno del Signore (LG 68).

Come Maria, la Chiesa e ogni discepolo del Signore deve attraversare il deserto del mondo, deve stare con coraggio sotto la croce degli insuccessi e delle persecuzioni, “vestita di sole” vale a dire vivendo le beatitudini evangeliche e vincendo il male con il bene.

Nella seconda lettura anche Paolo riconosce la storia umana come il luogo della grande lotta tra vita e morte, lotta che Gesù ha già vinto e che vedrà coinvolto ciascuno di noi, fino a quando sarà debellato anche l’ultimo nemico, la morte, la nostra morte. È un modo profondo e teologico di guardare dentro la storia: questa non è solo il palcoscenico di due forze che si combattono, ma è il luogo della vittoria di Cristo, di cui Maria è appunto già resa partecipe.

Lo stesso annuncio che ci viene dato in queste scene grandiose, ma proprio per questo forse lontane dalla nostra sensibilità, è proposto anche nell’incontro tra Maria e Elisabetta, nell’incontro delle due madri «per miracolo» nel cui grembo palpita la vita. Di fronte alle forze del male di cui è intessuta la storia quotidiana, la risposta di Dio è il sussulto della vita in due grembi materni.

Quando le due madri si incontrano Elisabetta saluta Maria dicendole: benedetta tu, perché Dio benedice con la vita. Le madri sono benedette per prime. Noi abbiamo ridotto la benedizione ad un gesto magico e formale, ma il primo passo per incontrare il mistero è benedire, avere parole buone. Come sarebbero diverse le nostre case se imparassimo a alla moglie, al marito, ai figli, ai genitori, all’amico: tu sei una benedizione di Dio per me, tu sei un dono di Dio!

Guardate che una casa dove non ci si benedice l’un l’altro, dove manca lo sguardo riconoscente, è una casa destinata alla tristezza o peggio ancora all’indifferenza. Abbiamo mai detto a qualcuno: Tu sei una benedizione per me?

Ebbene, se Elisabetta dice a Maria tu sei benedetta e poi ancora tu sei beata perché hai creduto, per tutta risposta Maria sposta l’attenzione da sé e dice: L’anima mia magnifica il Signore!  Così dicendo la Madre del Signore indirizza il ringraziamento all’Eterno e per dieci volte ripete:  È lui che ha guardato l’umiltà della sua serva, ha fatto grandi cose, ha fatto forza con il suo braccio, ha disperso gli uomini dalla mente orgogliosa, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato i piccoli, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote, ha soccorso Israele, aveva detto …

Per dieci volte. La fede di Maria, la fede grande, la più grande fede è quella che pone al centro non quello che faccio io per Dio, ma quello che Dio fa per me. La sua spiritualità non consiste in un narcisistico contemplare se stessa o le proprie emozioni, ma nel riconoscere con cuore grato l’agire di Dio, la fedeltà del Padre. Al cuore del cristianesimo non sono poste le mie azioni buone o cattive, ma l’azione di Dio. La salvezza non viene dal fatto che io amo il Signore, ma che lui ama me.

La vera devozione a Maria chiede che impariamo da lei a pregare e a benedire, e come lei ad avere un cuore non ripiegato su se stesso, ma riconoscente. Perché non proviamo anche noi a scrivere il nostro Magnificat?

Sarà una preghiera tanto più vera quanto più faremo entrare, come Maria, nella preghiera i poveri e gli affamati, le contraddizioni della storia degli uomini. Chi di noi ha mai visto rovesciare i potenti e innalzare gli umili? Chi ha mai visto ricolmare di beni gli affamati e rimandare  i ricchi a mani vuote?

Maria è anche in questo immagine di una Chiesa che sa guadare la storia umana a partire dalla risurrezione: con lo sguardo di chi appunto riconosce che non c’è situazione umana in cui l’Eterno sia indifferente e per questo intercede per l’umile, per l’oppresso, per il povero.

Se nel mondo sembra che non sia cambiato nulla, perché i potenti sembrano farla da padroni e i poveri continuano a soffrire, Maria che vive nella dimensione dell’Eterno perché attratta a lui per sempre, ci aiuti ad attendere la promessa di Dio con fede, mentre la preghiamo:

Maria, aiutaci a pacificare la terra,

sostienici nel conciliare i fratelli nemici,

donaci di disarmare Caino e di far risorgere Abele,

per ricondurre tutta la terra al Padre

nell’amore del Figlio e nella grazia dello Spirito.