NATALE DEL SIGNORE - messa nel giorno - Lc 2, 1-14


audio 25 dic 2022

Il Vangelo Luca all’inizio parla di un imperatore che vuol fare il censimento: e noi sappiamo che il censimento serviva per contare i sudditi e sapere quante tasse si potevano riscuotere, quanti soldati si potevano arruolare… e fin qui niente di nuovo sotto il cielo.

E poi racconta la nascita di Gesù, come della nascita di un qualsiasi bambino e noi sappiamo anche cosa comporta l’attesa del primo figlio: quante preoccupazioni, ansie, domande…

Maria non ha nemmeno vicino la mamma cui chiedere consigli e aiuti per la gestione del parto e del neonato… Potremmo rimproverare a Giuseppe di non aver organizzato le cose in maniera responsabile… come fai a metterti in viaggio con una donna incinta senza prenotare un albergo?

Per di più si ritrovano circondati da pastori, persone rozze e abituate a una vita dura, di fatica, sempre all’erta ad affrontare rischi e pericoli per se e per il gregge… poco affidabili, capaci di rubarti tutto e lasciarti lì senza nulla.

Vediamo tutte queste cose e anche altre, ma c’è qualcosa che i nostri occhi non vedono, i nostri occhi non vedono che non vedono ciò che non vedono.

Noi non vediamo che non vediamo ciò che non vediamo.

Io adesso guardo e vedo voi, ma non vedo nient’altro eppure quante storie di vita, quanti pensieri, quanti sogni, desideri… quanto dolore anche, di cui non vediamo nulla!

Sapete quante volte è vero nella vita che uno vede e subito pensa e giudica che quello che ha visto sia tutto. No, noi vediamo una parte.

Ecco il Vangelo di dice di fare questa operazione di saper vedere in quel bambino nato a Betlemme il dono di Dio, un Dio umano. Quel Dio che nessuno ha mai visto, ora è visibile in un bambino.

Ma come Dio non è l’Onnipotente? Non è l’Altissimo? L’Eterno? Che Dio è quello che si fa bambino, fragile, esposto ai rischi e ai pericoli della vita?

Per quale motivo mai decide di farsi bambino e quindi fragile, bisognoso di attenzioni, di accudimento… perché Dio diventa umano? Cosa mai si spinge ad abbassarsi, a umiliarsi, a dismettere la sua grandezza?

Chi, come l’imperatore, conta i membri del suo popolo non ha altra intenzione che riscuotere in modo più facile e più efficace le imposte e reclutare in modo più sicuro le sue truppe. È uno che invece di nutrire il suo popolo, ne divora la carne, diventa predatore dei suoi sudditi.

Quando nasce Gesù viene ripetuto per tre volte che il segno in cui trovare il bambino è una mangiatoia (vv.7.12.16). Non si poteva trovare per colui che è nostro cibo, un posto più appropriato di una mangiatoia.

Nella mangiatoia di Betlemme – che significa «casa del pane», il segno dice che quel bambino si fa cibo, si fa dono, e tutta la sua vita sarà declinata con questa costante del dono, fino al giorno in cui alla tavola dell’ultima cena, Gesù stesso dirà, come faremo tra poco, «Questo è il mio corpo dato per voi».

Da Betlemme, dove vediamo quel corpicino deposto in una mangiatoia, lungo tutta la sua vita, fino ad arrivare a Gerusalemme quando Gesù non consegnerà solo il suo tempo, le sue capacità, i suoi talenti, ma se stesso.

Oggi quando si dice ‘mangiatoia’, intendiamo altro, anzi il contrario, l’opposto del segno in cui il Vangelo ci insegna a riconoscere Gesù. Nelle mangiatoie di oggi riconosciamo piuttosto la nostra miseria fatta di fame di soldi, di benessere, di lusso, di sfruttamento. Le mangiatoie della disonestà e della cupidigia ormai indicano un vero e proprio sistema, fatto di trame e di reti nascoste, per guadagnare sempre più denaro.

Guardando il Bambino nella mangiatoia vediamo una creatura bisognosa di tutto, ma vediamo anche il modo di fare di Dio che non viene come l’imperatore di turno a sfruttare la paura e l’inferiorità della sua gente, non viene come il potente di turno che trama per intascare il più possibile.

Se Gesù voleva nascere come un Dio che conta e che ha potere, doveva nascere in una famiglia importante, di quelle potenti che non mancavano nemmeno al suo tempo, invece finirà proprio per essere perseguitato da quelle famiglie potenti e importanti.

Noi impariamo a vedere in questo bambino il volto di un Dio umano capace di un amore impotente di fronte a tutto ciò che non è amore, anche di fronte alle porte chiuse l’amore di Dio non usa la forza, la prepotenza, il dominio o il potere. Continua semplicemente ad amare.

Mi sembra questa la bella notizia del Vangelo: impariamo a vedere in Gesù un amore che non ha altra arma che l’amore e che non può vincere se non amando. L’amore non può distruggere, ma solo trasformare ciò che gli si oppone. Così Gesù con la sua vita ci insegna a trasformare le nostre bramosie, i nostri desideri smodati tutto quello che è il peggio di noi umani, in amore.

Davanti al presepe possiamo rinnovare la nostra decisione di essere cristiani: cosa cerchiamo a Betlemme? Il dio degli imperatori e dei re, il dio del potere o il Dio del servizio, del dono, dell’umiltà? In una parola un Dio umano, perché questo è il volto di Dio che ci mostra Gesù.

Abbiamo impiegato concili per definire la divinità del Verbo, oggi forse abbiamo il compito di ritrovare l’umanità del nostro Dio, testimoniando con la nostra vita l’assoluta impotenza dell’amore.

Come chiesa dobbiamo tornare a come faceva Gesù, che non difendeva verità, ma ascoltava domande.

Non difendeva i valori non negoziabili, ma ascoltava storie.

Non difendeva la religione, ma donava cura e speranza. Non difendeva neppure se stesso, ma si sedeva con tutti e li prendeva sul serio.

Ecco la nostra stella, è lui, Gesù. Aggrappiamoci a lui che donandosi brilla nelle tenebre. Gesù l’amore impotente è la nostra stella, il nostro riferimento, non per essere più furbi degli altri, ma più umani.

(Lc 2, 1-14)