II DI AVVENTO - Mt 3, 1-12


(Is 51, 7-12; Rm 15, 15-21; Mt 3, 1-12)

Meno male che non è andata così! Anche perché se le parole di Giovanni si fossero realizzate come lui aveva previsto, probabilmente non saremmo qui. Cosa dice il Battista, questo austero profeta che si veste di peli di cammello e che mangia cavallette? « Non crediate di sfuggire all’ira imminente!

Già la scure è posta alla radice degli alberi – l’immagine ci rimanda all’attimo in cui il boscaiolo appoggia la lama della scure come a far assaggiare all’albero quello che si sta scatenando-.

Ora arriva un fuoco inestinguibile ».

Ecco se Giovanni annuncia con queste tre immagini l’arrivo di Gesù, noi che sappiamo poi come di fatto il Signore ha agito e come si è comportato, siamo consapevoli che le cose appunto non sono andate proprio così.

Gesù non è venuto come una scure – anzi l’unica scure sarà quella che si abbatte sul collo del Battista – e tantomeno è venuto come un fuoco a far piazza pulita … Piuttosto il regno inaugurato dal Signore ci ha portato un volto misericordioso di Dio, un Padre che accoglie con un abbraccio anche chi si è allontanato, anzi è lui stesso che va in cerca e si spreca per chi si perde.

Eppure c’è qualcosa di vero anche in quello che dice Giovanni. Dalla pagina di Matteo ci rendiamo conto che se nella prima parte la predicazione del Battista anticipa quello che sarà anche il contenuto della predicazione di Gesù: Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino! , nella seconda parte, quando Giovanni vede venire al suo battesimo, molti farisei e sadducei, allora si scatena, appunto, l’ira di Dio!

Giovanni si rivolge a due gruppi sociali in contrasto fra di loro, ma che si presentano uniti a curiosare questo fenomeno del Battista che attira folle nel deserto. Anzitutto i Farisei. Così li descrive Giuseppe Flavio: Godono fama d’interpretare esattamente le leggi, costituiscono la setta più importante … ritengono che l’agire bene o male dipende in massima parte dagli uomini … ritengono che l’anima è immortale, ma soltanto quella dei buoni passa in un altro corpo, mentre quelle dei malvagi sono punite con un castigo senza fine. Erano circa seimila su una popolazione della Palestina che si stima al tempo di Gesù fosse intorno al milione e poco più di abitanti, erano quindi pochi, ma avevano di sé stessi un’alta considerazione, al punto da farsi chiamare i perusim, farisei (i separati) e, siccome erano molto considerati dal popolo perché contrari al potere romano, avevano anche un notevole peso politico. Tra di loro c’era anche qualcuno di sincero, pensiamo che fariseo era Paolo di Tarso, fariseo era anche Nicodemo …

L’altro gruppo che si presenta da Giovanni sono i rappresentanti dei Sadducei, dei quali abbiamo notizie meno dettagliate. I Sadducei provenivano soprattutto dalla classe sacerdotale, sappiamo da Luca che rifiutavano l’immortalità dell’anima sostenuta dai farisei, e formavano un partito aristocratico collaborazionista col potere romano. Erano piuttosto snobbati dal popolo e non avevano grande autorità al di là di quella derivante dal servizio liturgico. Nel Sinedrio, il loro potere era assai limitato dalla presenza degli Scribi e dei Farisei.

Vedendoli arrivare, ecco come li accoglie il Battista: Razza di vipere che dite di avere Abramo per padre, siete solo legna buona da bruciare! Il Battista nella ruvidezza profetica della sua figura e nell’asprezza delle sue parole non annuncia la fine del mondo, ma guardando in faccia farisei e sadducei s’infuoca e li apostrofa: Siete finiti voi! È finito il vostro mondo, è arrivato il regno di Dio!

Per dire il regno dei cieli, il regno di Dio, il vangelo utilizza un termine politico, non religioso. Gli evangelisti scrivendo in greco impiegano il termine basileia, che negli anni 30 si usava solo per parlare dell’Impero Romano, l’Impero di Tiberio. Potete immaginare la sorpresa, le aspettative e anche la diffidenza che dovette provocare il Battista quando cominciò ad affermare che il Regno di Dio – non quello di Tiberio – era vicino e invitava tutti a prepararne in qualche modo l’arrivo.

Ecco la passione, il fuoco del Battista che sarà poi condiviso da Gesù: come sarebbe la vita nel mondo se il Cesare di turno facesse quello che Dio vuole per l’umanità? Come cambierebbe la Galilea se a Tiberiade non regnasse Antipa, ma qualcuno che guardasse le cose come le guarda Dio? Come cambierebbe la religione del tempio di Gerusalemme, se invece di Caifa vi fosse un sacerdote che volesse veramente quello che vuole Dio?

E noi dovremmo chiederci: come sarebbe la nostra società e la nostra Chiesa se la smettessimo di costruirci i nostri piccoli o grandi regni, per lavorare davvero per il regno di Dio? Come sarebbe diversa la nostra umanità, se ciascuno di noi imparasse a vivere secondo l’umanità di Gesù?

Abbiamo bisogno anche noi di un Giovanni Battista che venga a risvegliarci, a destarci dall’ indolenza, a parlare con parole di fuoco per dirci che il Signore può far nascere cristiani anche dal cemento armato, mentre magari là dove dovrebbero nascere cristiani troviamo solo il freddo del cemento. Là dove si proclamano i valori cristiani, non ci sono figli del regno e invece là dove non si prega mai e non c’è profumo d’incenso, lì sovrabbondano i frutti di umanità.

Il Battista dice a ciascuno di noi oggi: «fai un frutto degno della conversione»! Ma è importante per noi a proposito di conversione, sgombrare il campo da ogni ambiguità, perché nel lessico cristiano è ormai un termine impoverito. Se torniamo alla radice ebraica del termine, conversione è teshuva, che significa ritorno.

Convertirsi è “tornare al Signore”. Il che suppone che i destinatari non sono anzitutto quelli che non credono, ma siamo noi che l’abbiamo già incontrato, che già abbiamo sperimentato il suo amore, la sua misericordia … anche se poi, rischiamo di diventare come i farisei e i sadducei, dimentichi che il regno è del Signore, non è il nostro; che la Chiesa è di Dio, non è la nostra; che i nostri figli non sono i nostri, ma di Dio; che la vita non è nostra ma è di Dio.

Ma abbiamo bisogno di profeti che ci facciano ascoltare la parola di Dio per poter tornare a lui e portare frutti di conversione. Per questo preghiamo con Turoldo:

Signore, mandaci ancora dei profeti,

uomini dal cuore in fiamme,

a destare la falsa pace delle coscienze.

 

 

Ma oggi nessuno ode nessuna voce,

tempi senza profezia viviamo,

solo urla e frastuono riempiono

perfino il cielo,

e forse per questo anche tu, Signore,

ti sei fatto muto?

Signore, mandaci ancora dei profeti

e fa’ che almeno le chiese

ti sappiano ascoltare.

Amen.